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Bergamo in Comune | Ottobre 9, 2024

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DOLLARO, NATO, CINA-RUSSIA, EUROPA ED UCRAINA

DOLLARO, NATO, CINA-RUSSIA, EUROPA ED UCRAINA

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Ventiseiesima parte – Il G20 sembra avere perso la propria ragione di esistere ed ai Russi della guerra in Ucraina importa molto meno della guerra finanziaria globale ora in atto.

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Una delle domande che da tempo ci si pone a proposito della guerra in Ucraina è: “ma cosa aspettano i Russi a scatenare l’attacco finale e a chiudere la partita?”.

Tranquillizzatevi.

Non siamo in diretto contatto con l’Alto Comando dell’esercito della Federazione Russa, per cui non è detto che ci azzeccheremo, ma l’impressione è che questo “attacco finale” sul campo molto semplicemente non ci sarà.

O meglio: è ferocemente in corso, ma in un campo di battaglia affatto differente da quello del Donbass.

È in corso nel campo di battaglia dell’economia internazionale, dove la guerra è senza esclusione di colpi ed è di lunga durata, come tutti gli ultimi ribaltoni dei mercati e la nascita di una istituzione bancaria globale (BRICS), in concorrenza a dire poco conflittuale con il Fondo Monetario Internazionale e non basata su US-Dollar, indica chiaramente.

Ovviamente il nostro sistema mediatico non ne parla o ne parla con linguaggio per iniziati solo sulle riviste specializzate, preferisce parlare con linguaggio degno del miglior MinCulPop (lo ribadiamo per l’ennesima volta, a costo di risultare noiosi) dell’eroismo dei nostri combattenti a Tobruk… Ooops! …dei combattenti ucraini a Bakhmut-Artomyovsk.

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Il club calcistico polacco “Shlensk” è stato multato di 15.000 Zloty (circa 3.000 Euro) per uno striscione dei tifosi con la scritta: “QUESTA NON È LA NOSTRA GUERRA”.

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Tra le conseguenze collaterali di questo risulta anche che il G20 deve gestire una discordia globale e non sembra essere in grado di farlo.

In effetti, si tratterrà anche solo delle venti maggiori economie del pianeta e non dell’ONU, bloccato da decenni dalla politica dei veti incrociati, ma il gestire anche solo le regole commerciali globali in mezzo alle “discordie” sull’Ucraina e alle tensioni USA-Cina appare essere davvero un compito improbo.

I Giapponesi se ne sono accorti (non per primi, ormai lo sanno tutti, ma per primi non si fanno problemi a palesarlo) e stanno ignorando il prossimo vertice dei Ministri degli Esteri del G20 in India: il loro ministro degli Esteri, Yoshimasa Hayashi, si è molto cerimoniosamente scusato con il suo omologo indiano, ma non parteciperà all’incontro e ha scelto di essere presente ad alcuni dibattiti parlamentari a Tokyo, evidentemente per lui molto più importanti…

Questo può rivelarsi essere un segnale preoccupante: il G20, nonostante tutto il suo peso economico, può ritrovarsi ad essere considerato come non significativo nell’attuale pessimo clima politico globale.

Al suo interno risultano presenti almeno tre linee politico-economiche difficilmente compatibili tra loro: le nazioni occidentali guidate dagli USA con la UE al traino, l’asse Russia-Cina ed infine le economie emergenti, come l’India, che cercano di seguire una via autonoma e che non vogliono essere allineate.

È probabile che l’India, attualmente alla presidenza del G20, tenti di orientare la discussione verso questioni tutto sommato neutrali, come il cambiamento climatico e l’onere del debito dei paesi più poveri del mondo.

A proposito del primo, il Ministro indiano degli Esteri, Subrahmanyam Jaishankar, ha affermato a gennaio che un patto di sviluppo verde sarebbe stato uno dei punti principali dell’agenda del G20 sotto la presidenza indiana.

L’India vuole svolgere un ruolo di primo piano nel cosiddetto Sud del Globo e prendere una netta posizione contro la crisi del debito è stato fino ad ora uno dei suoi principali argomenti nei dibattiti.

Però mettere seriamente sul tavolo questa problematica potrebbe diventare una profonda causa di discordia al G20 e Nuova Delhi per questo quasi sicuramente cercherà di allontanare la discussione dagli argomenti più controversi, limitandosi a quelli più facilmente condivisibili in nome del “politicamente corretto” (cibo, fertilizzanti, sicurezza energetica, cooperazione allo sviluppo, lotta al terrorismo, al commercio di droga, etc.)

Il risultato più probabile, in questo caso, tuttavia sarà uno stallo.

Ad esempio pochi giorni fa la riunione dei Ministri delle Finanze del G20 non è riuscita ad adottare una dichiarazione congiunta sull’economia globale a causa della mancanza di consenso sulle questioni più importanti.

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Per fare un esempio della poco probabile capacità del G20 di riprendere un ruolo nei mercati globali paragonabile a quella degli ultimi venti anni basta parlare del mercato globale dell’energia.

Di fronte ai continui incrementi di prezzo dell’energia, i paesi del Sud del Globo hanno dovuto riesaminare completamente la loro dipendenza dalle importazioni estere.

Di conseguenza, costoro temono che il divario delle conoscenze nel campo tecnico delle cosiddette energie pulite sia destinato ad allargarsi qualora la transizione energetica prenda slancio.

Peggiorando il problema, i membri del G7 hanno inasprito le loro politiche monetarie per cercare di mettere in un qualche modo sotto controllo l’inflazione causata dalla guerra.

Questo comporta l’aumento del costo del debito e, mentre i cosiddetti “Paesi ricchi” sono stati in grado di pagare i prezzi elevati ora richiesti dagli approvvigionamenti energetici, risulta molto più difficile per i paesi in via di sviluppo prendere in prestito denaro da investire in energia, pulita o non pulita che sia.

Ne consegue che nella prossima conferenza sul clima, prevista negli Emirati Arabi a fine anno, l’argomento principale sarà il come trovare i finanziamenti e questo quasi sicuramente comporterà più di una spaccatura tra i vari campi finanziari (sempre ammesso che non sia già successo di peggio prima).

Il mercato dell’energia attuale vede le nazioni più ricche che continuano a fare offerte superiori a quelle che il Sud del Globo può essere in grado di fare ed il G20 ben difficilmente sarà in grado di realizzare un salto di qualità in questo campo fondamentale.

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https://www.globaltimes.cn/page/202303/1287008.shtml

https://asiatimes.com/2023/02/ukraine-war-puts-poor-asia-not-rich-europe-in-the-dark/

https://www.rt.com/india/572217-g20-india-russia-china-us/

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Ma torniamo a parlare della guerra.

L’ultima notizia in campo internazionale è che pure un Paese “minore”, quale è il Sudan, vuole “de-dollarizzare” e passare alla valuta nazionale, o al rublo, nei prossimi accordi commerciali con la Russia.

Uno dice: cosa c’entra questo con la guerra?

C’entra perché, oltre al Sudan che, con rispetto parlando, nel panorama globale conta più o meno come il due di picche, le stesse operazioni di “de-dollarizzazione” le stanno attuando Paesi come l’India, l’Iran, il Brasile, l’Argentina, l’Egitto, l’Algeria (fischiano le orecchie all’accoppiata Draghi-Meloni a proposito del metano?), l’Azerbaigian (sempre a proposito di idrocarburi…) e financo la Turchia (teoricamente un bastione della NATO).

E questi ultimi Paesi è ben difficile considerarli come un due a briscola…

Il fenomeno di “de-dollarizzazione” nel commercio mondiale è l’obiettivo strategico, e quindi anche militare, sia della Russia che della Cina nel più ampio schema economico-politico.

È lì che la “grande offensiva” è in atto, non certo nelle trincee del Donbass, dove si muore e basta.

L’ultimo importante successo degli “oltre-cortina” è costituito dal riavvicinamento tra la Repubblica Islamica Iraniana ed il Regno dell’Arabia Saudita sotto l’egida della Repubblica Popolare Cinese.

Questo riavvicinamento cambia completamente le carte in tavola in Medio Oriente [e sarà meglio per loro che gli Israeliani si affrettino a trovarsi alla svelta un nuovo Yitzhak Rabin, dal momento che Benjamin Netanyahu appare fin troppo idoneo a realizzare la profezia apocrifa bizantina di Malco/ Cartafilo (il soldato ebreo che arrestò Gesù e che, da bravo pulotto, gli disse sgarbatamente di muoversi) condannato ad essere sempre errante insieme al suo popolo da Cristo in persona: “Io vado, ma tu farai lo stesso fino a quando io non ritornerò”].

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Questa “grande offensiva” attualmente è vincente, anche se la guerra mondiale in armi vera e propria non è ancora cominciata

Papa Francesco ha comunque ragione da vendere quando dice che la Terza Guerra Mondiale non è più “a pezzetti” ma che è già in atto.

Si è in presenza di tutta una serie di “azioni asimmetriche”, perfettamente corrispondenti alle raccomandazioni della “Arte della Guerra” di Sun Tzu, che la dicono lunga su chi sia una delle parti in causa.

La guerra è comunque chiaro che durerà a lungo e nessuno dei belligeranti, dichiarato o celato che sia, crede più in uno scontro intenso, ma di breve durata, come lo sono state le varie “Tempeste nel Deserto” degli ultimi trenta anni e, tutto sommato, le stesse guerre ex-jugoslave.

In Ucraina lo scenario ora appare essere quello di una guerra di usura, stile Verdun o Carso 1916, in cui solo i morti ed i mutilati sono veri, in cui nessuno dei combattenti riesce a prevalere ed in cui diventano eroi solo dei brutti personaggi: Petain (in seguito capo del governo collaborazionista francese), Hindenburg (mentore di Hitler), Cadorna (non ha bisogno di presentazioni), Prigozhin (padrone dei mercenari “Wagner”) e simili.

Lo scopo è anche quello di collaudare le nuove armi, di trovare le corrispondenti anti-armi, di studiare il nemico e le sue tattiche e, in una parola, di essere pronti al conflitto prossimo venturo, quello grande e vero.

Si può tranquillamente sostenere che la guerra in Ucraina sta al prossimo (?) conflitto analogamente a come la Guerra di Spagna è stata rispetto alla Seconda Guerra Mondiale e a come le varie scaramucce coloniali sono state rispetto alla Prima.

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Due parole anche sui cosiddetti mercenari della russa “Wagner” dal momento che sono loro quelli più impegnati dai Russi in questa fase bellica.

Il minimo che si può dire di loro è che sono “spendibili” ed è per questo che i Russi li stanno impiegando in una battaglia stile Ypres 1915 o Verdun 1916: non si rischiano le truppe combattenti vere in questi massacri, si fa in modo che l’avversario caschi nel tranello e butti nel carnaio le proprie truppe scelte in modo che vengano massacrate e che, dopo, non siano più tanto scelte…

Sbaglieremo, ma sembra proprio che questa sia la strategia dell’Armata Russa a Bakhmut/Artomyovsk: niente “grande offensiva”, ma una continua “Battaglia dell’Isonzo” combattuta il più possibile da militari “spendibili” senza conseguenze sul fronte interno.

La “Wagner” ora è costituita principalmente da galeotti con condanne pesanti dalle prigioni russe; galeotti condannati anche all’ergastolo a cui viene fatto firmare un regolare contratto in cui si impegnano a stare in prima linea per sei mesi ed in cui, se sopravvivono, viene garantito l’indulto al termine di questo periodo.

Male che vada si svuotano le patrie galere e l’erario ne guadagna…

Si dice che oltre il 90% non ne esca vivo, ma i primi del restante meno del 10% sono già diventati “vedettes” della TV russa che ha filmato e diffuso il loro rientro a casa con le matrioshke in lacrime che abbracciavano i figlioli, o i mariti, prodighi di cui avevano perso ogni speranza.

Niente del genere dalla parte ucraina.

I marmittoni buttati nel carnaio sono stati giovani militari di leva o anziani della territoriale, mentre le truppe scelte non si capisce se siano state buttate dentro anche loro, o se siano state tenute indietro in vista di una prossima “offensiva di primavera” ucraina che, a sua volta, non si sa se è davvero in preparazione o se è solo una ennesima balla propagandistica di novelli emuli di Goebbels.

In una parola, si sta distruggendo un popolo allo stesso modo di come una intera generazione dei popoli europei è stata distrutta nel 1914÷18.

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Marco Brusa

Hinterland Nord-Ovest di Milano, 12.III.2023

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