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Bergamo in Comune | Ottobre 9, 2024

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PROIETTILI IN URANIO IMPOVERITO

PROIETTILI IN URANIO IMPOVERITO

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La recente notizia che Londra ha intenzione di fornire a Kiev un certo numero di carri armati Challenger 2 dotati sia di corazze che di proiettili ad uranio impoverito e le reazioni che stanno avendosi sia in Occidente che in Oriente alla notizia che questa “robaccia” viene inviata (ovviamente in nome della democrazia e della lotta del “bene” contro il male) a contaminare i terreni più fertili d’Europa, ci hanno spinto ad andare a cercare in archivio uno studio di oltre venti anni fa sulla contaminazione radioattiva permanente da uranio impoverito in Cossovo.

Per ovvi motivi la diffusione all’epoca era stata completamente “underground”.

Confessiamo tranquillamente che l’autore altri non è che il sottoscritto che ai tempi lavorava a Bergamo e allora, a scanso di rappresaglie strane (purtroppo frequenti quando chi lavora viene considerato non essere inquadrato) e di conseguenti guai, aveva deciso di firmarsi con uno pseudonimo.

Precauzione questa lasciata decadere tempo dopo, quando si è tornati a lavorare in una altra provincia.

Bergamo, 22.III.2023

ing. Marco Brusa

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NOTE SULLA  CONTAMINAZIONE TOSSICOLOGICA E RADIOTOSSICOLOGICA IN COSSOVO

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Parte 1   –   Contaminazione tossicologica

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I proiettili anticarro in U238 sono duri, densi e lunghi.   Possono essere sparati da una mitragliera d’aereo a canne rotanti da 20 o da 30 mm tipo Gatling della General Electric, o da un cannone da 120 mm di un carro da combattimento.

Maggiore è il calibro di partenza, maggiore è la spinta propulsiva trasmessa al proiettile, secondo la formula: forza = pressione * area.

L’uranio impoverito, prodotto di scarto dei processi di arricchimento per applicazioni civili e militari, è definito avere radioatttività “accettabile” ed è, in assoluto, l’elemento con numero di massa più elevato tra quelli industrialmente impiegabili.

Uranio impoverito (U238) :  massa atomica = 238 – densità del metallo puro = 19,05 kg/dm3

Piombo :  massa atomica = 207 – densità del metallo puro = 11,34 kg/dm3

Inoltre i carburi di uranio sono durissimi, meglio del tungsteno.   Quando un proiettile ad uranio impoverito colpisce una corazza a circa 1200 metri al secondo, attua una penetrazione per erosione, senza esplosione.   L’energia cinetica (1/2 * m * v^2) si degrada in calore.   Questo, nel caso avvenga la perforazione completa della corazza è sufficiente per arrostire chiunque si trovi all’interno del carro armato o del bunker.   Qualora poi si riesca a far detonare la riserva di munizioni, il fuoco d’artificio è assicurato.

Durante la Guerra del Golfo quei poveri ignoranti di Irakeni, forti dell’esperienza di nove anni di guerra contro gli Iraniani, che possedevano solo armi anticarro a carica cava (bazooka), nascondevano i T-72 dietro terrapieni di sabbia spessi almeno due metri, ottenendo il brillante risultato di vederseli bucare tutti, insieme al terrapieno.

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L’erosione avviene sia nella corazza che nel proiettile.  Il materiale che costituisce quest’ultimo si abrade a livello atomico ed origina due prodotti di scarto principali:

  • diossido di uranio, la cui formazione è dovuta alla reazione con l’ossigeno atmosferico ed è favorita dalle alte temperature che si creano all’impatto;

  • pulviscolo micrometrico di uranio, è il cosiddetto “effetto polvere di mola”, ben noto a chiunque abbia lavorato in un’officina meccanica.

Il primo tende a concentrarsi negli strati bassi dell’atmosfera (locali poco aerati) e può essere assorbito dalle vie respiratorie.   Il secondo viene diffuso dai fenomeni atmosferici (vento) e tende a depositarsi al suolo e sulla vegetazione.   Può essere assorbito con la catena alimentare (frutta e verdure contaminate) e tramite le vie respiratorie.

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In Cossovo sono stati sparati, dato ufficiale NATO, 37000 (trentasettemila) proiettili modello PGU-14A/B da 30 mm ad uranio impoverito.   Ognuno di loro pesa 0,425 kg.   Risulta un totale di 15725 kg.   Non tutto il proiettile è composto da uranio, ma l’ordine di grandezza del quantitativo di U238 distribuito sul territorio è questo.

I proiettili che hanno colpito terreno soffice sono penetrati in profondità per alcune decine di metri e verranno ossidati dalle acque del sottosuolo.    Non si hanno elementi per conoscere la storia futura di questo uranio metallico ben inserito nelle falde freatiche.   Affermazioni della stampa specializzata che tale quantitativo di uranio è stato semplicemente restituito alla terra da cui proviene sono antiscientifiche ed arbitrarie, a meno che tali proiettili non siano dotati di un dispositivo, coperto da segreto militare, che li ritrasformi in pechblenda, in autunite, in torberinite in zeurinite, in carnotite od in altri minerali simili dell’uranio presente in natura.   La pechblenda (ossido di uranio cristallizzato) è, all’atto pratico, biologicamente inerte.   Il diossido di uranio, invece, no.

I proiettili di uranio che hanno colpito bersagli di media durezza (muri, rocce, strutture in cemento od in laterizi) sono stati polverizzati per una frazione del loro peso.   Non si hanno dati per fare una stima numerica di questa frazione.

I proiettili di uranio che hanno colpito metalli (strutture in acciaio, autoveicoli o mezzi corazzati) sono stati frantumati, e/o polverizzati, e/o ossidati per una percentuale che è lecito stimare pari a circa il 50% della loro massa.   Stime ottimistiche (e arbitrarie) della stampa specializzata parlano di circa 1500 proiettili che hanno fatto questa fine.   Si tratterrebbe, pertanto, di circa 320 kg di uranio impoverito dispersi per la biosfera nella regione del Cossovo.

Da notare che i Serbi hanno seguito la tattica degli “scudi umani” e hanno posizionato le proprie forze all’interno di città e di luoghi abitati in genere.   Ne derivano due considerazioni:

  • alta percentuale di proiettili che hanno colpito bersagli di media durezza con conseguente polverizzazione parziale;

  • concentrazione del pulviscolo micrometrico e del diossido di uranio in zone ad alta densità di popolazione.

Inoltre le corazze dei carri armati delle ultime generazioni sono a loro volta costituite da leghe di uranio impoverito che, in caso di impatto, si polverizzano insieme al proiettile.

La stima di 320 kg di U238 polverizzati in Kossovo è da intendersi come limite minimo, piuttosto ottimistico.   Non si hanno dati per definire il limite massimo, che è, inevitabilmente, una frazione dei 15725 kg sparati.

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L’uranio ed i suoi composti sono altamente tossici, sia dal punto di vista chimico che da quello radiologico.

In base alla tossicità chimica il contenuto massimo nell’aria di composti solubili (ad es.: UO2) è pari a 0,05 mg/m3.   Per composti insolubili (ad es.: pulviscolo micrometrico) è pari a 0,25 mg/m3.

In base alla radiotossicologia il massimo carico corporeo tollerato di uranio naturale, per composti solubili, è di 0,2 microcurie.

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A questo punto facciamo della matematica elementare e baggiana.

La superficie geografica del Cossovo è pari a 10887 km2 = 10,887 * 10^9 m2.   Sono stati sparati 15725 kg = 15,725 * 10^6 g di U238, di essi un minimo di 320 kg = 3,2 * 10^5 g  è stato polverizzato/ossidato.

Ne consegue :

  • 3,2*10^5 / 10,887*10^9 <= Contaminazione TOTALE MEDIA su tutto il Cossovo <= 15,725*10^6 / 10,887*10^9

  • 29,39*10^-6 g/m2<= Contaminazione TOTALE MEDIA su tutto il Cossovo <= 0,00144 g/m2

E’ lecito supporre che l’uranio impoverito, sotto forma di UO2 o di pulviscolo micronmetrico, sia quasi esclusivamente concentrato in un metro di altezza nella biosfera.   Risulta, esprimendo le concentrazioni in milligrammi :

  • 0,02939 mg/m3<= Contaminazione TOTALE MEDIA su tutto il Cossovo <= 1,44 mg/m3

La conclusione è che, qualora i proiettili di uranio si siano trasformati, o siano destinati a trasformarsi, parzialmente o totalmente, in composti solubili, considerando la sola tossicità chimica, la contaminazione TOTALE MEDIA su tutto il Cossovo varia da 0,6 a 29 volte i limiti ammissibili.

Nel caso in cui si consideri una trasformazione in composti insolubili, la contaminazione TOTALE MEDIA varia da 0,12 a 5,8 volte i limiti ammissibili.

Questi risultati TOTALI MEDI sono semplicemente molto gravi.   Da soli sono già molto più che sufficienti per imporre lo svolgimento di esami ambientali approfonditi aventi lo scopo di tutelare la salute delle popolazioni del Cossovo.

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Quanto sopra vale nel caso in cui il pulviscolo o gli ossidi si siano distribuiti uniformemente su tutto il territorio, cosa che sicuramente non è.   Abbiamo visto come le raffiche siano state in buona parte concentrate in aree abitate.

Facciamo una ulteriore stima, ipotetica, ma rigorosa, per trovare limiti superiori ed inferiori più verosimili della contaminazione.

Quante raffiche sono state sparate?   Quale superficie viene coperta da una raffica?

Supponiamo, arbitrariamente, ma per difetto, che una raffica media sia stata composta da 50 colpi, che corrispondono a meno di uno/due secondi di fuoco.   Supponiamo, arbitrariamente, ma per eccesso, che una raffica media copra 2000 metri e sia larga 50 m.   La superficie coperta risulta essere: 2000*50 = 10^5 m2.

I proiettili all’uranio impoverito sparati sono stati 37000.   Ne consegue, altra matematica elementare e baggiana: 37000 / 50 = 740 raffiche sparate = 740 aree contaminate.

L’AREA CONTAMINATA risulta pari a: 740 * 10^5 = 74 * 10^6 m2.

Rifacciamo i conti precedenti :

  • 3,2*10^5 / 74*10^6 <= Contaminazione LOCALE CONCENTRATA <= 15,725*10^6 / 74*10^6

  • 0,00432 g/m2 <= Contaminazione LOCALE CONCENTRATA <= 0,2125 g/m2

Ipotizzando nuovamente che l’uranio impoverito si concentri entro un metro di altezza nella biosfera ed esprimendo le concentrazioni in milligrammi :

  • 4,32 mg/m3 <= Contaminazione LOCALE CONCENTRATA <= 212,5 mg/m3

Ne consegue che in Cossovo esistono circa 740 aree, principalmente ad alta densità abitativa, dove la contaminazione LOCALE CONCENTRATA iniziale (di due anni fa), considerando la sola tossicità chimica, di U238 varia da :

  • 86,4 a 4250 volte i limiti ammissibili, nel caso di composti solubili (UO2);

  • 17,3 a 850 volte i limiti ammissibili, nel caso di composti insolubili (polveri micrometriche).

Inoltre, in due anni, L’uranio ha sicuramente viaggiato.   Quanto è vasta la zona, abitata o meno, in cui la contaminazione locale concentrata di U238, considerando la sola tossicità chimica,  varia da 1 a 50 volte i limiti ammissibili?

Chi scrive è abbastanza esperto da sapere che, in casi come questo, ulteriori calcoli teorici sono privi di significato pratico.   Senza rilievi fatti sul campo ogni altra considerazione è cialtroneria.   I rilievi sul campo sono, a questo punto, indispensabili per permettere operazioni di bonifica e tutelare la salute delle popolazioni del Kossovo e non solo quella dei militari KFOR.

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Bergamo, 15.I.01.

Ing. Marco Frank

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P.S.: Bergamo, 29.I.01.   Rivista Italiana Difesa – febbraio 2001 – ha pubblicato un editoriale a firma Andrea Nativi dal titolo “Cervelli impoveriti” in cui vengono fatte ipotesi simili a quelle delle note soprascritte circa le aree contaminate, ovviamente con conclusioni discorsive opposte circa la loro pericolosità.

In particolare viene eseguita una stima inferiore circa l’ampiezza dell’area coperta da una singola raffica.

Dal momento che tale area ridotta comporta un aumento della contaminazione localizzata, non si ritiene di dover cambiare alcunchè nella stime “riduttive” riportate sopra.      M.F.

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Parte 2   –   Contaminazione radiotossicologica

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L’uranio 238 utilizzato in Cossovo non è composto da solo U238/92 con una minima percentuale U 235/92.   Sono state rilevate tracce di Pu 239/94 e di U 236/92 (vedasi Time – vol.157 no.4 del 29.I.01).

La presenza di entrambi indica che l’uranio in questione non è costituito solo dallo scarto impoverito residuo del processo di arricchimento in U 235/92, ma che ha subito irraggiamenti neutronici per la produzione di Pu 239/94, elemento che non esiste in natura.

Per la produzione di plutonio il sistema più usato, quasi esclusivamente per scopi militari, consiste nel posizionare un rivestimento di uranio impoverito intorno al nocciolo di un reattore a neutroni veloci.   I neutroni che sfuggono dal nocciolo vengono in parte catturati dall’uranio e danno luogo alla seguente reazione nucleare:

U 238/92 + n  →  U 239/92  ß→  Np 239/93  ß→  Pu 239/94

Oppure, ad esempio, a quest’altra:

U 238/92 + n  →  U 239/92 + n  →  U 240/92  ß→  Np 240/93  ß→ Pu 240/94   alfa→  U 236/92

In questo modo si produce plutonio che può essere separato con procedimenti chimici.   Le reazioni chimiche, come qualsiasi studente di Istituto Tecnico sa, non possono mai essere complete.   Una qualche percentuale, magari minima, ma mai trascurabile, dell’elemento estratto rimane nella lega originale.

Nel caso in cui i proiettili all’uranio siano stati fabbricati con uranio impoverito di varia provenienza e storia, è molto più che plausibile che la loro composizione non sia di solo U 238/92 con tracce di U 235/92 e dei loro prodotti di decadimento, ma che esistano in lega isotopi radioattivi pesanti di altra origine.

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Eseguiamo ora una stima radiotossicologica di quanto sparato in Cossovo.

Come prima ipotesi ignoriamo tutti gli isotopi radioattivi diversi da U 238/92 e dai suoi sottoprodotti.   Si è obbligati ad ignorarli, poichè non si hanno dati, nemmeno approssimativi, sulla loro concentrazione ed è pertanto impossibile estrapolare stime matematiche.   Anche solo per questo le stime di seguito effettuate sono da intendersi “per difetto”.   Vale a dire inferiori alla contaminazione reale.   Si deve però rimarcare che, come dimostra la presenza di U 236/92, l’uranio impoverito sparato è una lega metallica che “ha un passato” e non è solo U 238/92.

Abbiamo visto come si parli di una stima minima di 320 kg di U 238/92 polverizzati/ossidati nella biosfera in Cossovo.   Con un semplice bilancio in termini di Unità di Massa Atomica (AMU) si trova il quantitativo di atomi (NA0) che li costituiscono.

Risulta:

  • 1 AMU  = 1,6604 * 10 E-27 kg   →   massa atomo U 238/92  =  238 * 1,6604 * 10 E-27  kg

  • NA0  =  320 kg / (238 * 1,6604 * 10 E-27)  = 8,098 * 10 E+26  atomi di U 238/92

L’attività di questi soli atomi di U 238/92 è data da:

  • lambdaA * NA0  = 4,88 * 10 E-18 * 8,098 * 10 E+26 = 3.952.000.000 disintegrazioni radioattive al secondo

Dove lambdaA è la costante di decadimento del solo U 238/92 ed è facilmente reperibile nella letteratura specializzata.

L’unità di misura dell’attività di decadimento radioattivo è il microCurie, pari a 3,7 * 10 E+7 disintegrazioni radioattive al secondo.   Ne consegue che l’attività del solo U 238/92 polverizzato/ossidato in Cossovo è:

  • lambdaA * NA0 / (3,7 * 10 E+7)  =  106,8 mCurie

Rifacendo le stime della concentrazione localizzata di U 238/92 nel territorio (vedasi prima parte di queste note) si trova che in un’area geografica non superiore a 7,4 * 10^6 m2 la contaminazione radiotossicologica del solo  uranio polverizzato/ossidato è pari a :

  • 106,8 mCurie / 0,2 mCurie  =  534 volte il massimo carico corporeo tollerato

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Tale valore non è bassino, ma non è poi neanche tanto alto.   Si deve ipotizzare un tasso di trasferimento biologico (ma come si fa a calcolarlo?) superiore a 1/534 [= 0,0019] perchè si superino i 0,2 microCurie che rappresentano la soglia di radiotossicità stabilita dalle vigenti norme nel caso di contaminazione corporea.

La questione è che non è la sola radioattività del nucleo di U 238/92 che deve essere presa in considerazione, ma quella di tutti i suoi prodotti di decadimento fino al nuclide stabile.

La catena tipica di decadimento dell’U 238/92 è la seguente, che consta di quattordici decadimenti radioattivi:

  • U 238/92  alfa→  Th 234/90  ß→  Pa 234/91  ß→  U 234/92  alfa→  Th 230/90  alfa→  Ra 226/88  alfa→  Rh 222/86  alfa→  Po 218/84  alfa→  Pb 214/82  ß→  Bi 214/83  ß→  Po 214/84  alfa→  Pb 210/82  ß→  Bi 210/83  ß→  Po 210/84  alfa→  Pb 206/82  stabile.

Esistono catene di decadimento secondarie rispetto a quella principale, ma in questa sede non vengono considerate.   Il non considerarle comporta una stima per difetto dei valori di attività radiobiologica rispetto alla realtà.

Dall’esame dei tempi di dimezzamento e delle costanti di disintegrazione dei nuclidi instabili della catena principale risulta un dato oggettivo:   nessuno di questi nuclidi di decadimento ha un tempo di dimezzamento superiore a quello di U 238/92 (o una costante inferiore).   Questo comporta che, ad un certo valore temporale, la loro attività di decadimento (radioattività) è destinata a stabilizzarsi, per ciascuno di essi, sullo stesso valore di quella di U 238/92.

Più esplicitamente:   il numero di Curie (disintegrazioni radioattive al secondo) è da moltiplicare, una volta trascorso il tempo di stabilizzazione, per il numero dei decadimenti di nuclidi instabili che compongono la catena.   In questo caso per quattordici.

Questo fenomeno è facilmente spiegabile facendo una analogia idraulica con un sistema di vasi comunicanti.

Supponiamo di avere una serie di vasche, ognuna a quota inferiore della precedente, connesse tra loro da condotti di diametro variabile dalle più o meno elevate perdite di carico idrauliche.   Le vasche rappresentano i nuclidi  della catena di decadimento.   I condotti i loro tempi di decadimento / costanti di disintegrazione.

La prima vasca è piena di liquido e rappresenta l’U 238/92 polverizzato/ossidato in Cossovo.   Il tubicino sottile, contorto e inclinato che la connette con la seconda vasca (Th 234/90) è il tempo di dimezzamento / costante di disintegrazione del medesimo U 238/92.   Così via per le vasche/nuclidi successivi.

È evidente che, qualora i condotti di connessione tra le vasche siano di diametro superiore al primo, le vasche potranno riempirsi solo parzialmente, fino all’attacco del condotto di scarico, e che, trascorso un periodo di tempo da determinare, il flusso di liquido dalla prima all’ultima sarà costante.   La somma delle portate di ciascun singolo condotto sarà uguale alla portata del primo moltiplicata per il loro numero totale.

Analogo il caso della catena di decadimento dell’U 238/92:   trascorso il tempo di stabilizzazione la radioattività (intesa come disintegrazioni al secondo) raggiunge un livello costante.   Ad essere precisi tale livello subisce una diminuzione nel lunghissimo periodo dell’ordine delle centinaia di milioni di anni.   All’atto pratico, comparato con la durata della vita umana, è rigorosamente costante.

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La questione è: quale valore ha questo tempo di stabilizzazione?

E’ importante conoscere “l’età” dei proiettili di uranio impoverito impiegati.

E’ ovvio che proiettili fabbricati con uranio appena “raffinato” conterranno pochi degli isotopi posti al termine della catena di decadimento, la cui radioattività rimane, all’inizio, ridotta.   Questo equivale a dire che, nel sistema di vasi comunicanti e condotti prima descritto, l’acqua non è ancora arrivata alle ultime vasche.

E’ altrettanto ovvio che proiettili “vecchi”, fabbricati con uranio impoverito datato, conterranno, intrappolati nella lega metallica, una maggiore concentrazione degli isotopi posti al termine della catena di decadimento.

Qualora sia stato superato il tempo di stabilizzazione la radioattività di questi ultimi isotopi sarà uguale a quella di U 238/92.   Questo equivale a dire che nel sistema di vasi comunicanti la portata di liquido si è stabilizzata in tutti i condotti.

La domanda è questa: quale è l’età dell’uranio impoverito contenuto nei proiettili sparati in Cossovo?

Non crediamo sia possibile dare una risposta precisa a questa domanda.   È possibile che nemmeno i militari abbiano registrazioni così accurate, o ben archiviate, da saperlo con precisione.

Facciamo una stima, ipotetica e verosimile:

  • anno 1942  – primo reattore funzionante (pila di Fermi) ed inizio dei processi di arricchimento;

  • anno 1999  – guerra del Cossovo.

  • (1999 – 1942) / 2  =  28,5  anni

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Diciamo che l’uranio impoverito sparato in Cossovo aveva in media, al momento dello sparo, un’esistenza della lega pari a 25 anni, ne sono passati altri due.   L’età verosimile ad oggi è di circa 27 anni.

Facciamo della matematica.   Poniamo:

  • t = tempo trascorso dalla formazione della lega di U 238/92

  • N(i)0 = concentrazione iniziale dei singoli nuclidi della catena di decadimento (è posta uguale a zero per tutti, tranne che per U 238/92)

  • lambda(i) = costante di decadimento dei singoli nuclidi della catena di decadimento

  • N(i)(t) = concentrazione nel tempo dei singoli nuclidi della catena di decadimento

Si trova, per U 238/92:

  • NA(t) = NA0 * exp(-lA * t)

Analogamente, per tutti i nuclidi successivi, posto R(t) il tasso di formazione dovuto ai decadimenti precedenti, si trova (§ è il simbolo dell’integrazione):

  • NB(t) = NB0 * exp(-lambdaB * t)  +  exp(-lambdaB * t) * §[RB(t’) * exp(lambdaB * t’) dt’]           (da 0 a t)

  • N(i)(t) = N(i)0 * exp(-lambda(i) * t)  +  exp(-lambda(i) * t) * §[R(i)(t’) * exp(lambda(i) * t’) dt’]         (da 0 a t)

Ad esempio, nel caso del secondo nuclide di decadimento (B = Th 234/90), risolvendo l’integrale si trova:

  • NB(t) = NB0 * exp(-lambdaB * t)  +  NA0 * lambdaA * [exp(-lambdaA * t) – exp(-lambdaB * t)] / (lambdaB – lambdaA)

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Divertitevi con carta, penna, calamaio, calcolatrice e PC a risolvere numericamente questi e gli altri integrali della serie, se ne avete voglia.   Se ci riuscite in meno di un mese siete bravi.   Per amor di brevità i risultati stimati sono riassunti nelle tabelle allegate, che comprendono 50 anni, dal 1974/75 (anno di fabbricazione ipotizzato della lega dei proiettili di uranio impoverito) al 2024.

Nelle tabelle allegate è stata inserita anche l’analisi del decadimento dell’U235/92 che è comunque presente in quantitativi pari a circa lo 0,2 % nell’uranio impoverito.

Dopo dodici anni la catena di decadimento è stabilizzata ad una radioattività di più di 100 mCurie per ciascun nuclide.   Dopo 23 anni è stabile a circa 106,8 µCurie per tutti i nuclidi (+ 1,4 µCurie dovuti ad U235/92).

Nei primi anni del decadimento si riscontrano, come è anche intuitivo, valori più bassi di radioattività per i nuclidi successivi a quello con vita media più elevata presente nella catena, U234/92 (vita media = 248000 anni).   Entro un periodo di tempo breve la catena si satura ed il tasso di radioattività diventa costante per ciascun anello.

Notare che non abbiamo trattato i prodotti di fissione spontanea, le diramazioni secondarie del decadimento di U 238/92 e quello di altri nuclidi presenti, quali Pu 239/94, U 236/92, e sa Dio quali altri.   Se anche sono presenti in concentrazioni assolutamente minori rispetto a quella di U 238/92, non dimentichiamo che hanno costanti di disintegrazione (l) molto più elevate.   Ad esempio, quella di Pu 239/94 è pari a 9,006*10E-13 [s^-1], cinque ordini di grandezza superiori.   Sviluppando una analisi delle loro catene di decadimento come quella appena svolta per U 238/92 è possibile che si abbiano delle sorprese.

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Quanto sopra significa, in pratica, che, salvo bonifiche (i dilavamenti naturali, nel caso dell’uranio sono lenti), il seguente tasso di radioattività minimo (ma proprio minimo) si conserverà nelle aree contaminate:

  • 14 * 108,2 µCurie  =  1515,8 µCurie

  • 1515,8 µCurie / 0,2 µCurie  =  7574   volte il massimo carico corporeo tollerato

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La probabilità, da qui a qualche generazione e su tutta la popolazione delle aree contaminate, di un tasso di trasferimento corporeo superiore a 1 / 7574 [= 1,32*10E-4] non è trascurabile.   Anzi, basterebbe da sola a spiegare il brusco incremento dalla media del livello di patologie carcinomico/leucemiche nei militari KFOR.   Non dimentichiamo che questi ultimi sono i soli su cui si hanno dati credibili, se pure incompleti.   Provate a chiedere alle ASL del Cossovo (ma esistono?) i valori relativi alla popolazione.   In Bosnia, dove i proiettili sparati sono stati solo diecimila (con il medesimo tasso di contaminazione concentrata per raffica), appena si è tornati ad uno straccio di simulacro di normalità, qualche medico sta tentando di stendere delle statistiche, con risultati “brutti”…

Ce ne è abbastanza per classificare nella categoria delle cialtronerie ogni discorso che sostiene essere politicamente di parte ed isteriche le preoccupazioni per la contaminazione radioattiva del Cossovo e della Bosnia.

Ce ne è abbastanza per esigere (non richiedere, esigere) l’immediata bonifica -sotto controllo pubblico- delle aree contaminate, da parte della Comunità Internazionale o di chiunque altro sia capace di accollarsene l’onere.

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La trattazione precedente ha stimato il livello minimo (ma minimo davvero) della contaminazione radiotossicologica.   Proviamo ora a determinare un possibile livello massimo, includendo anche i proiettili quasi integri ben inseriti nella falda freatica (ma sempre senza considerare Pu 239/94, U 236/92, etc.).   Questi sono destinati ad ossidarsi in un tempo più o meno lungo.   E’ vero, l’uranio “viaggia” poco.   Ma cosa può succedere da qui a qualche generazione?   Cosa può succedere in caso di scavi (per esempio per fondazioni di edifici nel corso della Ricostruzione)?

Liquidarli come “restituiti alla terra” è parecchio arbitrario.

Rifacciamo la trattazione precedente:

  • NA0  =  15725 kg / (238 * 1,6604 * 10 E-27)  = 3,979 * 10 E+28  atomi di U 238/92

  • lambdaA * NA0 = 4,88 * 10 E-18 * 3,979 * 10 E+28 = 1,942 * 10E+11 disintegrazioni radioattive al secondo

  • lambdaA * NA0 / (3,7 * 10 E+7)  =  5248,3 µCurie   →   14 * 5248,3 µCurie  =  73476,3 (+744 U235/92) µCurie

  • 74220 µCurie / 0,2 µCurie  =  371101 volte il massimo carico corporeo tollerato

Affermare che questi ultimi proiettili sono stati “restituiti alla terra” comporta, per chi lo sostiene, l’obbligo della dimostrazione scientifico-matematica che il loro tasso di trasferimento biologico (non da qui all’eternità, ma da oggi a qualche generazione futura e considerando i movimenti terra effettuati dall’uomo) sarà senz’altro inferiore a 1 / 371101 = 2,69 * 10E-6.

Voglio proprio vederle queste relazioni di calcolo.

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Non penso ci sia altro da aggiungere.

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Bergamo, 05.II.01.   Ore 00.37 del mattino.

Ing. Marco Frank

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P.S. :

  1. Non preoccupatevi. Hiroshima e Nagasaki sono state peggio.

  2. Non preoccupatevi. Chernobil è stata (è) peggio.

  3. Non preoccupatevi. Il fall out degli esperimenti nucleari in atmosfera è stato (è) peggio.

  4. Non preoccupatevi. La demolizione delle testate nucleari, residuo della guerra fredda, è un problema ben peggiore.

  5. Non preoccupatevi. La proliferazione nucleare in Asia (India, Pakistan, etc.) è un problema ben peggiore.

  6. Non preoccupatevi. La questione dello smaltimento delle scorie radioattive (civili e militari) è un problema ben peggiore.

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Bibliografia :

  • ing. Giorgio Ferrari – Al lupo, al lupo! – Rivista Italiana Difesa, luglio 2000.

  • Ezio Bonsignore – Cannoni e corazze: le lezioni del Golfo – Rivista Italiana Difesa, febbraio 1992.

  • ing. Giorgio Ferrari – Come avviene la perforazione di una corazza – Rivista Italiana Difesa, novembre 1987.

  • Maryann Bird – Balkan dust storm – Time, vol.157 no.3, january 22, 2001.

  • World watch, Geneva – Time, vol.157 no.4, january 29, 2001.

  • Edigeo (a cura di) – varie voci – Enciclopedia Zanichelli.

  • Marcelo Alonso, Edward J. Finn – Fundamental University Physics, vol.III – Addison-Wesley 1978.

  • John R. Lamarsh – Nuclear Reactor Theory – Addison-Wesley 1972.

  • Harald A. Enge – Introduction to Nuclear Physics – Addison-Wesley 1978.

  • Maurizio Cumo – Impianti Nucleari – UTET 1976

  • W. Seelmann-Eggebert, G. Pfennig, H. Munzel – Karlsruher Nuklidcarte – 1974

  • Aa.vv. – La Guerra dell’Uranio – Le Scienze (ed. Italiana di Scientific American) – n.390 feb. 2001

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