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Bergamo in Comune | Luglio 27, 2024

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L’AGNELLO MISTICO DI GAND E GLI ICONOCLASTI – RACCONTO DI NATALE

L’AGNELLO MISTICO DI GAND E GLI ICONOCLASTI – RACCONTO DI NATALE

Il polittico dell’Agnello Mistico conservato nella cattedrale di Gand nelle Fiandre belghe è notevolmente interessante, sia per l’opera in quanto tale e per quanto rappresenta nella storia della pittura fiamminga, sia per l’incredibile carisma di cui è dotata.

Tranquilli. Non abbiamo alcuna intenzione di farvi il resoconto di una crisi, appunto, mistica. Non è questa la sede per tali argomenti.

Desideriamo raccontarvi come questa opera sia diventata l’emblema (o, per chi ci crede, l’icona) dell’anti-iconoclastia. Vale a dire che questo polittico è dotato di un carisma assai potente contro la distruzione delle immagini storiche, come risulta dalla sua storia estremamente avventurosa in cui per almeno due volte è scampato alla distruzione decretata dagli iconoclasti d’Europa, i Calvinisti prima ed i nazisti poi, ed è stato fortunosamente ricomposto dopo essere stato venduto a pezzi per fare cassa e disperso in più luoghi.

Ma andiamo con ordine.

Per quanto riguarda la sua importanza nella storia dell’arte fiamminga andatevi a studiare un qualche testo idoneo scritto da chi è molto più competente di noi; ad esempio Albrecht Dürer, più vicino nel tempo a noi di circa tre generazioni, la ha definita “immensamente preziosa e stupendamente bella”.

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https://artslife.com/2021/03/25/visitor-centre-agnello-mistico-van-eyck/

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Per quanto riguarda il carisma questo emblema/icona non scherza proprio per niente e ha sicuramente ricevuto con estrema potenza questo “dono divino” (o, per chi non ci crede, questa “simbologia positiva”) che, per definizione, viene sempre elargito per il bene dell’intera comunità (o, sempre per chi non ci crede, viene attribuita dagli uomini per rappresentare energicamente un qualcosa foriero di bene).

Ci sono un paio di storie da raccontare che hanno l’Agnello Mistico come protagonista relative ad eventi separati tra loro da oltre quattro secoli.

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Alla fine del XVI secolo la Riforma protestante sta ottenendo grandi successi in Nord Europa, le Province Unite delle Fiandre sono in rivolta ed anche a Gand i Calvinisti prendono il potere ribellandosi al dominio catto-clericale spagnolo e proclamano la “Repubblica Calvinista di Gand” (Gentse Calvinistische Republiek).

Una delle caratteristiche principali di questa repubblica è stata la totale eliminazione della Santa Inquisizione e dei relativi roghi di eretici, degnamente sostituita da un nuovo tribunale che elargiva la pena del rogo solo a chi se la era davvero meritata, vale a dire ai vari “paternosterknechten” (servi del Padre nostro = cattolici) su cui si riusciva a mettere le mani, e che era caratterizzato anche da una iconoclastia fanatica e totale.

Il polittico dell’Agnello Mistico viene condannato alla distruzione, ma “qualcuno”, la storia non dice chi e di quale confessione, decide di salvarlo perché è il simbolo della città (e anche perché è troppo bello) e lo nasconde in cima al locale “Befroi”, la torre civica dei Comuni delle Fiandre, simbolo di libertà.

Da rimarcare che tali torri medioevali sono comuni in molte parti d’Europa con lo stesso significato, dalle torri circolari irlandesi emblema della libertà del Klan, alle “Stadtturm” dei liberi Comuni tedeschi, alle Torri Civiche del Nord Italia, anche se spesso almeno parzialmente assorbite dalla Chiesa, quali il Torrazzo di Cremona, la Ghirlandina di Modena, il Campanone di Bergamo (anche se di acquisizione comunale piuttosto tarda), o (in un’epoca in cui la libertà comunale più non c’era, ma la simbologia era ancora molto sentita) la stessa Guglia della Madonnina del duomo di Milano.

Breve inciso: nella storia il fenomeno di salvare nascondendole le opere d’arte oggetto di iconoclastia per motivi “politici” è molto più frequente di quanto non si creda. Un esempio stupendo, anche se poco noto, in Italia è costituito dal grande pavimento musivo della cattedrale di Pesaro, opera viva con continue aggiunte dall’era tardo romana (VI secolo) fino al pieno medioevo (XIII secolo), che rappresenta anche simboli della fertilità. Ai tempi della Contro-Riforma doveva essere distrutto perché non più minimamente rispondente alle indicazioni liturgiche del Concilio di Trento ed i Pesaresi, ligissimi alle prescrizioni dottrinali ma ancor più decisi a salvarlo, si limitarono a ricoprirlo con uno strato di sabbia e a costruire un nuovo pavimento in marmo pregiato, privo di qualsiasi valore artistico: così gli ispettori della Contro-Riforma stavano contenti. Prima o poi, in un’epoca meno iconoclastica, qualcuno avrebbe ritrovato il mosaico pavimentale e lo avrebbe degnamente considerato: evento verificatosi negli anni ’90, con la Sovrintendente competente per la provincia di Pesaro che è letteralmente andata in un delirio di giuggiole.

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L’iconoclastia calvinista, insieme alla sempre più forte abitudine al rogo contro i “nemici della vera fede” (un classico…) finisce con il suscitare e l’alimentare la resistenza della popolazione che pure aveva accolto entusiasticamente i Fiamminghi del nord (Olandesi) pochi anni prima, inoltre le autorità calviniste scatenano un vero e proprio Terrore quando la contro-offensiva spagnola nelle Fiandre Meridionali inizia ad ottenere successi grazie anche all’appoggio dei cosiddetti “Malcontents” francofoni, una strana alleanza tra nobili e popolani, tra cattolici ed ugonotti, caratterizzata dall’averne tutti quanti loro letteralmente le scatole piene dei fanatismi religiosi, fossero quelli della ultra-cattolica “Sainte Ligue” o dei Calvinisti.

Il duca di Parma Alessandro Farnese, anni prima comandante della flotta cristiana nella battaglia di Lepanto contro i Turchi ed ora a capo dell’armata imperiale nelle Fiandre, è molto abile nello sfruttare questa “stanchezza” delle popolazioni e, preferendo di gran lunga accordi “all’italiana” ad ormai sclerotici integralismi, ottiene con il Trattato di Arras che le dieci province meridionali delle Fiandre riconoscano nuovamente di appartenere al Sacro Romano Impero.

Le province ribelli del nord reagiscono fondando ufficialmente la loro Unione, embrione dell’Olanda odierna, e, a dimostrazione che ormai l’integralismo religioso non è più molto considerato rispetto alle libertà politiche, la proclamano ad Utrecht dove una forte minoranza della popolazione continua a dichiararsi cattolica e dove tuttora si trova la sede metropolitana della Chiesa cattolica nei Paesi Bassi [retta da un Cardinale, per sottolinearne il ruolo di diocesi di confine con la all’epoca proclamata “Terra di Missione” (e di martirio) a nord del fiume Waal, abitata da ferocissimi Protestanti…].

In ogni modo anche i Calvinisti olandesi nel corso del tempo fanno autocritica sulla loro precedente intolleranza religiosa ed iconoclastia e tempo dopo inventano il cosiddetto “Dutch Touch”, vale a dire quella che forse è oggi la più avanzata forma di tolleranza al mondo.

I Calvinisti di Gand si trovano tagliati fuori da questi accordi e reagiscono esasperando il loro integralismo. Qualcuno fa la spiata e il governo della città viene a sapere che l’Agnello Mistico è stato nascosto in cima al “Befroi” e ne viene ordinata la immediata distruzione.

Frattanto l’armata del Farnese, abile nell’alternare il bastone con la carota, si sta avvicinando e la città comincia ad essere in fermento. Alcuni giovani ex-cattolici decidono di diventare ex-calvinisti e di salvare il polittico e, molto semplicemente, si rinchiudono sulla sommità della torre ritraendone le scale con opportune scorte di viveri e di acqua, pronti comunque a trasformarsi in Ugolino della Gherardesca se la cosa fosse dovuta andare per le lunghe…

Quando costoro sono ormai allo stremo si verifica un “arrivano i nostri” in piena regola, nello stile dei migliori (peggiori?) film di Hollywood. I “nostri” arrivano nella persona del Duca di Parma che in un anno conquista, praticamente senza colpo ferire, le Fiandre meridionali, Gand inclusa, fino ad Anversa e qui si ferma, stabilendo di fatto l’attuale confine tra Belgio ed Olanda, senza nemmeno provare ad intaccare territori dell’Unione di Utrecht, nemmeno quelli a maggioranza cattolica: mica era scemo, ormai aveva vinto “riconquistando” un quantitativo incredibile di territorio ed era il momento delle trattative, non di un’altra rischiosa campagna militare.

Per preparare la Guerra dei Trenta Anni ci sarebbe stato tempo, un paio di generazioni dopo…

A Gand viene preceduto dalla sua fama di moderato accomodante ed è accolto come un liberatore (tuttora è così definito nelle guide turistiche della città, non mettetevi a ridere) ed il polittico dell’Agnello Mistico viene fatto discendere dalla sommità del “Befroi” e reinstallato con tutti i sacri crismi e tra abbondanti ed idonei “Te Deum” al suo posto all’interno della Cattedrale dedicata a San Baaf (Bavone in italiano, monaco evangelizzatore delle Fiandre nel VII secolo), al freddo però, dal momento che le bellissime vetrate rinascimentali dono dell’imperatore Carlo V e della di lui consorte non erano sfuggite alla  furiosa iconoclastia di qualche anno prima.

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La vita successiva del nostro polittico non è comunque indisturbata dal momento che prima Napoleone lo ruba e lo trasporta a Parigi e poi, una volta restituito, viene più volte smembrato in singoli pannelli. Nel XIX secolo i pannelli laterali sono venduti al re di Prussia che li espone in un museo a Berlino. Però dopo la Grande Guerra i Fiamminghi fanno letteralmente il diavolo a quattro per farlo inserire nei risarcimenti di guerra della Germania fino a quando Alberto I re dei Belgi (che fu veramente “re soldato” e “beneamato”, non come certa altra gente da noi) non ottiene che questi pannelli dell’Agnello Mistico vengano restituiti come risarcimento parziale dei danni di guerra e per un breve periodo il polittico si trova ad essere completamente ricomposto.

Nel 1934 un pannello sparisce (certe cose non succedono solo con la Natività del Caravaggio dell’Oratorio di san Lorenzo a Palermo) ed è tuttora sostituito con una copia e poi, fatto ben più grave, arrivano i nazisti.

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Il Vaticano si dichiara disponibile ad ospitare il polittico e, quando il Belgio è ancora neutrale, se ne organizza il trasporto. Il trasporto viene interrotto dagli eventi bellici e l’Agnello Mistico si ritrova profugo sui Pirenei francesi dove i nazisti lo scoprono e un tizio cattivissimo con i baffetti e pure “posseduto” decide che è un’opera degna di finire nel costituendo “Führermuseum” di Linz, futura sede del nuovo Kultur tedesco, disegnato personalmente da quel pittore fallito che fu Hitler e destinato a raccogliere le opere d’arte “ariane” di tutta Europa.

L’Agnello Mistico viene rapito e portato in un castello bavarese vicino al Nido dell’Aquila sotto il controllo di un esperto nazista di opere d’arte noto soprattutto per essere uno dei principali organizzatori del saccheggio di quelle di proprietà degli ebrei d’Europa.

L’avvicinarsi del crollo della Germania nazista obbliga a nascondere il bottino artistico in ricoveri sotterranei e l’Agnello Mistico viene portato nella miniera di salgemma di Altaussee al centro dell’Austria in pessima ed ottima compagnia contemporaneamente: pessima per la presenza di nazisti fanatici, ottima perché è insieme alla Madonna di Bruges di Michelangelo, e a migliaia di altre opere razziate in tutta Europa.

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Ora in Austria, ed in misura molto minore anche in Baviera, a partire dall’aprile 1945 è storia che si siano verificati episodi di resistenza armata di neo-partigiani di lingua tedesca contro i nazisti.

La Carinzia fa caso a sé perché in tale regione è tuttora presente una minoranza di lingua Slovena che da anni forniva partigiani regolari all’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo e non è un caso che lo sterminio senza pietà di decine di migliaia di ustascia e di Sloveni filonazisti avvenga a pochi kilometri dalla città di confine carinziana di Bleiburg/Pliberk a fine maggio ’45, nelle località di Kocevski Rog, Huda Jama e Tezno dopo che costoro vengono consegnati dall’appena arrivato esercito britannico agli Jugoslavi (certi episodi di ufficiali inglesi spietati verso gli alleati dei nazisti non riguardano solo un paese della Presolana). Tito poi ringrazierà sganciandosi da Stalin tre anni dopo.

Preferiamo limitarci a citare questi episodi storici senza approfondirli ulteriormente.

Alcuni ufficiali austriaci della Wermacht cercano addirittura di consegnare Vienna all’Armata Rossa evitando gli scontri strada per strada come erano avvenuti a Varsavia e a BudaPest (la poco nota Operazione Radetsky che ebbe comunque più successo dell’Operazione Walkirie, l’attentato al Fürer) e, spostando fuori città i reparti militari principali, ci riescono. Però scoperti dal Gaüleiter nazista vengono orrendamente giustiziati sul posto.

Questo Gaüleiter aveva preso parte anche a parecchi Einsatzgruppen per massacrare gli Ebrei sul fronte orientale e, appena catturato dagli Americani, diventa immediatamente un “pentito”, spiffera tutto sulla macchina di sterminio nazista, testimonia a Norimberga contro i suoi ex-camerati e viene fatto sparire in Sud-America. Eichmann, con cui condivide la fuga, durante il processo in Israele chiede apertamente: “perché io sono qui e lui no?”).

Al castello di Itter in Tirolo, luogo di prigionia di Francesi importanti (generali e politici, sorella di De Gaulle inclusa), ad inizio maggio avviene un episodio unico.

La vicina cittadina di Wörgl viene occupata da un reparto sbandato della Wermacht comandato dal maggiore Josef Gangl (ora eroe nazionale in Austria) la cui preoccupazione principale è impedire che i reparti delle Waffen-SS ancora in zona si mettano a fare “terra bruciata” e rappresaglie. Costui prende contatti con locali esponenti antinazisti e la sua preoccupazione principale diventa l’entrare in contatto con le avanguardie americane perché liberino la zona e lui ed i suoi uomini possano arrendersi.

Una pattuglia americana piuttosto sparuta compare e viene guidata dal maggiore e da un gruppo di soldati della Wermacht, ormai felicissimi perché convinti di essere diventati prigionieri di guerra, al castello di Itter. Nel frattempo i prigionieri francesi hanno “gentilmente” (il comandante SS muore in circostanze mai chiarite) convinto l’ultimo ufficialetto SS rimasto ad arrendersi e tutto sembra finito per il meglio, quando un intero battaglione di fanatiche Waffen-SS armato anche di cannoni compare deciso a fare un’altra delle stragi per cui è famoso.

Si verifica la più incredibile battaglia di tutta la guerra.

I soldati della Wermacht (ufficialetto SS incluso) decidono spontaneamente di schierarsi con gli Americani (evidentemente avevano più paura di essere accusati dalle SS di essersi arresi senza combattere che altro) e prendono le armi dall’arsenale del castello. Così fanno pure i generali francesi, tornati seduta stante militari belligeranti in servizio dopo cinque anni di prigionia/vacanza (sparano pure molto bene, nonostante alcuni fossero ormai oltre i settanta).

Il castello viene semidistrutto ma è difeso con successo da un incredibile assortimento di difensori, fino a quando non “arrivano i nostri” sotto forma di un reparto di carri Sherman. Il maggiore Gangl è tra i caduti e le Waffen-SS si arrendono.

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Dopo avere raccontato questi episodi che inquadrano la situazione in Austria tra aprile e maggio ’45, torniamo a raccontare del polittico dell’Agnello Mistico che se ne sta nella miniera di salgemma di Altaussee.

Quando l’esercito americano si sta avvicinando il locale Gauleiter, August Eigruber (che venne poi giustiziato a Norimberga per i crimini commessi nella limitrofa Mauthausen) dà ordine di minare con bombe d’aereo da 500 kg la miniera e di fare saltare tutte le opere d’arte lì custodite. Per non avere rifiuti dai minatori, ormai vicini a ribellarsi, queste bombe erano nascoste in casse con la scritta “oggetto in marmo” ed erano state posizionate in tutte le gallerie principali.

La distruzione viene comunque impedita all’ultimo momento dalla direzione della miniera, dai minatori e dagli stessi (ormai ex-)nazisti custodi delle opere razziate. Gli ordigni vengono rimossi e, per ingannare il Gauleiter, piccole cariche vengono detonate per fare crollare gli ingressi.

 

È solo dopo l’occupazione americana di Altaussee che le entrate vengono nuovamente aperte dai minatori austriaci, tutti con al braccio la fascia rossa e bianca di resistenti, e gli Americani rimangono letteralmente a bocca aperta quando vedono cosa è conservato all’interno.

Un reparto speciale dell’esercito USA (Monuments, Fine Arts, and Archives Program) costituito proprio allo scopo di preservare quante più opere d’arte possibile dalle distruzioni belliche prende in consegna il tutto e lo trasporta in un deposito di Monaco di Baviera per catalogarlo e provare a restituirlo ai legittimi proprietari.

Operazioni queste non ancora terminate oggi nel 2021.

L’Agnello Mistico viene riportato in Belgio con i massimi onori e viene consegnato direttamente ai reali belgi al Palazzo Reale di Bruxelles. Presenza di Tedeschi neanche a parlarne ed anche i rappresentanti della Francia Gollista non vengono comunque invitati poiché il governo di Vichy aveva permesso ai tedeschi di razziare il polittico.

Il carisma anti-iconoclasta di questa opera non scherza proprio per niente…

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Perché vi abbiamo raccontato questa storia?

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Per il molto semplice motivo che l’iconoclastia degli ultimi tempi ci ha veramente rotto le scatole, manco fossimo Fiamminghi della fine del XVI secolo.

Questa sarà anche una affermazione poco diplomatica e per nulla “politicamente corretta”, ma è proprio così.

Un conto è il ridiscutere il passato ed inquadrarlo correttamente riconoscendo gli errori commessi dagli antenati (e gli Italiani questo possono farlo con facilità: alla fine è stato appeso per i piedi, a caldo e subito) per evitare che vengano perpetuati, un conto è operare iniziative di “Cancel Culture” nei confronti di eventi e monumenti storici, senza alcun tentativo di inquadrarli nel contesto che li ha originati.

Se in America si decide di rimuovere le statue dei generali confederati si può tranquillamente ritenere che, essendo state erette nel periodo del consolidamento della segregazione razziale, possano esistere delle motivazioni razionali. Questo anche se i singoli combattenti confederati erano convinti di essere dei ribelli ad un potere industrialmente più potente che voleva dominarli, non di essere degli schiavisti ed è noto che il “Rebel’s Yell”, il grido di guerra confederato, ha avuto i suoi epigoni tra gli indiani metropolitani del nostro “Movimento del ‘77”.

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https://www.smithsonianmag.com/videos/category/history/what-did-the-rebel-yell-sound-like/

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Politicamente condivisibile senza alcuna remora la rimozione del monumento equestre del generale Nathan Bedford Forrest a Memphis dal momento che costui è stato il responsabile dell’eccidio di Fort Pilow, dove le sue truppe, il 12 aprile 1864, massacrarono la guarnigione di soldati afro-americani unionisti dopo che questi ultimi si erano arresi e avevano deposto le armi. Inoltre costui era diventato uno dei primi esponenti del Ku Klux Klan.

Quando invece le statue di Colombo vengono abbattute a Richmond in Virginia, a Boston in Massachussets, a Minneapolis in Minnesota, etc. perché viene considerato un colonizzatore e uno sterminatore di nativi americani, mentre vengono difese militantemente dalle comunità italo-americane non solo di New York, qualche dubbio viene.

I monumenti a Colombo sono stati eretti principalmente per volontà degli italo-americani per contribuire a legittimare la propria presenza negli Stati Uniti, in anni in cui gli immigrati sbarcati dall’Italia erano considerati indesiderabili e inassimilabili in una società di ascendenza anglosassone.

L’intento non era minimamente quello di celebrare il genocidio dei nativi americani o l’espropriazione delle loro terre da parte degli europei e Colombo è diventato la figura simbolo degli immigrati italiani negli USA e della loro travagliata integrazione in quel paese.

Non dimentichiamoci che a fine 1800 il gruppo etnico più sottoposto a linciaggi negli USA dopo quello degli Afro-Americani è stato quello dei Dago, o Italo-Americani che dir si voglia.

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Inoltre le colonizzazioni spagnole, portoghesi e francesi sono state un fenomeno affatto diverso rispetto a quelle olandese ed inglese. Quindi considerarle tutte allo stesso modo non è molto accettabile.

Non che gli Spagnoli non fossero dei “Conquistadores” e non fossero accecati dalla brama di oro e di argento, però non effettuarono mai una politica di sterminio volontario della popolazione esistente, cosa che invece i “Wasp” fecero coscientemente per secoli. Le ecatombi di nativi nelle colonie spagnole sono state dovute a vaiolo, raffreddore, morbillo e ad altri agenti patogeni europei e tra coloro che ne restavano disperati vi erano gli stessi “hidalgo” che si vedevano morire la moglie indiana (regolarmente battezzata e sposata in chiesa).

È poco noto che nell’Albo della Nobiltà Europea sono registrati, a pieno titolo, discendenti delle figlie sia di Montezuma che di Atahualpa.

Inoltre fa comunque un certo effetto vedere che non sono i Nativi a prendersela oggi con gli esploratori europei, ma i discendenti di quegli stessi conquistatori ora abitanti nel Nuovo Mondo.

C’è qualcosa che non va.

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Quindi l’iconoclastia sviluppatasi negli ultimi tempi non effettua una analisi approfondita degli eventi e dei contesti storici, ma afferma se stessa come fenomeno più mediatico, emotivo ed indiscutibile che razionale, di studio e di miglioramento dell’umanità.

Risulta pertanto essere, come tutte le iconoclastie, un fenomeno di cancellazione della cultura e non di miglioramento della medesima.

Queste sono le ragioni per cui non possiamo condividerla.

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Concludiamo con una proposta: il monumento ad un aviatore e gerarca bergamasco non si potrebbe, invece che tenercelo o iconoclastizzarlo, sistemarlo in un nuovo museo della Resistenza (quella etiope) a Lekemti o ad Axum, vicino ai guadi del fiume Tacazzè (quelli più volte bombardati ad iprite dalla Regia Aeronautica), magari con un bel gemellaggio?

Risolverebbe una volta per tutte ogni contestazione.

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In ogni modo, Buon Natale a tutti e che le vicissitudini del polittico dell’Agnello Mistico vi ispirino.

[E che non vengano a rompere le scatole e a dire che si deve dire “Buone Feste” altrimenti si offendono i satanisti, i neo-pagani o gli animisti della Papuasia…

Comincino con l’accogliere i migranti, invece di fare gli pseudo-progressisti alla ricerca di visibilità mediatica).

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Bergamo, 25.XII.2021

Marco Brusa

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