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Bergamo in Comune | Ottobre 9, 2024

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IN MEMORIA DI MIKHAIL GORBACHEV

IN MEMORIA DI MIKHAIL GORBACHEV

Rendiamo omaggio alla memoria di Mikhail Gorbachev pubblicando integralmente il necrologio pubblicato da Russia Today subito dopo la sua dipartita.

Si tratta di un interessante punto di vista russo in cui la pesante situazione degli anni ’80 viene razionalmente descritta, ovviamente da un ben definito punto di vista.

Sono stati anni in cui il mondo è effettivamente cambiato, e non in meglio, quando la generazione che ha sconfitto il nazifascismo ad un prezzo spaventoso e che ha energicamente voluto un mondo migliore è uscita di scena per ragioni anagrafiche, lasciando il campo a personaggi “neo-liberisti” quali Ronald Reagan, Margaret Thatcher e Boris Eltsin su cui la storia sta già cominciando ad esprimere un giudizio, ben diverso da quello dei mass-media (e già definitivo per l’ultimo).

I meriti ed i demeriti di Gorbachev vengono elencati e motivati; si possono condividere o meno, ma si tratta di un documento di cui possiamo solo consigliare la lettura, soprattutto per meglio comprendere la situazione odierna.

L’autore russo, il cui nome non viene riportato, è molto critico, ma non riesce comunque a nascondere la propria simpatia sia per lo stesso Gorbachev che, soprattutto, per la signora Raisa.

E sono gli stessi sentimenti che proviamo noi che, ai tempi, avevamo pure voluto credere in un risultato positivo della Perestrojka.

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Chi discende da ascoltatori di Radio Londra o di Radio Mosca lo può leggere nel testo inglese, per quello russo originale: arrangiatevi, lì non ci arriviamo.

https://gorbachev.rt.com/

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Ci permettiamo anche di riportare che il quotidiano israeliano Haaretz (voce più o meno critica di quanto resta della “sinistra” israeliana) riporta nel necrologio che: “Più di ogni altro leader, Mikhail Gorbachev ha plasmato l’aspetto del moderno Israele” per avere concesso agli Ebrei russi di emigrare e avere così “portato masse di capitale umano secolare in Israele”.

“Esiste un certo numero di leader stranieri il cui contributo alla creazione, stabilizzazione e floridezza dello stato di Israele è stato eccezionalmente importante. Tra loro ci sono due leader sovietici: Josef Stalin, che ha sostenuto il piano di spartizione delle Nazioni Unite e ha fornito a Israele armi fondamentali per la sua vittoria nella Guerra d’Indipendenza, e Mikhail Gorbachev, che ha contribuito a plasmare il moderno Israele più di chiunque altro”.

https://www.haaretz.com/israel-news/2022-09-01/ty-article/.premium/more-than-any-other-leader-gorbachev-shaped-the-face-of-modern-israel/00000182-f3ff-dd28-a5fa-ffff72de0000

Diciamo che le opinioni dei Russi sono un tantinino differenti rispetto a questo affatto inatteso panegirico.

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SE NON IO, CHI? E SE NON ADESSO, QUANDO?

MIKHAIL GORBACHEV HA FATTO TERMINARE LA GUERRA FREDDA E HA SALVATO IL MONDO, MA NON È STATO CAPACE DI SALVARE L’UNIONE SOVIETICA.

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È difficile immaginare che qualcuno avrebbe potuto smantellare l’Unione Sovietica dall’interno più velocemente o in modo più completo di quanto ha fatto Mikhail Gorbachev, un uomo che non aveva per nulla questa intenzione.

Lo sgretolarsi dell’URSS è stato sia un singolare merito di Gorbachev che la sua tragedia personale.

È stato anche il momento più importante della storia dal 1945.

Le leggende popolari hanno trasformato l’ex leader sovietico in un’icona mediatica, ricordata tanto per aver recitato in una pubblicità per una pizza, quanto per aver vinto un premio Nobel per la pace.

Ma in ultima analisi l’ultimo Segretario dell’ “Impero del Male” non era un ingenuo, né un catalizzatore di inevitabilità storiche generiche.

Quasi ogni singolo evento nel conto alla rovescia per la caduta del comunismo in Russia è una conseguenza diretta degli ideali, delle azioni e delle debolezze di Mikhail Gorbaciov e di coloro che ha affrontato o sostenuto.

Questa è la storia di un meccanico agricolo che è riuscito ad entrare nel santuario più interno del Paese più grande del mondo, un resoconto di quello che lo ha spinto a raggiungere il vertice e un tentativo di capire se meriti disprezzo o simpatia, ridicolo o apprezzamento.

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L’INFANZIA – Crescere un convinto comunista in mezzo alle purghe di Stalin

Nato nel 1931 da una famiglia ucraino-russa nel villaggio di Privolnoye nel fertile sud della Russia, l’infanzia di Mikhail Gorbachev è stata scandita da una serie di prove quasi bibliche, sebbene condivise da milioni di suoi contemporanei.

I suoi anni di bambino sono coincisi con la politica di collettivizzazione di Stalin – la confisca di terre private ai contadini per realizzare nuove fattorie statali – e Stavropol, il centro della produzione russa di pane, è stato uno dei più colpiti.

Tra la riorganizzazione forzata e la conseguente resistenza, i raccolti erano crollati e i funzionari governativi procedevano con minacce di morte alla requisizione degli scarsi quantitativi di grano.

Gorbachev in seguito ha detto che il suo primo ricordo è quello di suo nonno che bolliva rane catturate nel fiume durante la Grande Carestia.

L’altro nonno, Panteley – un ex contadino senza terra – era uscito dalla povertà diventando il capo della fattoria collettiva locale.

In seguito Gorbachev ha attribuito la sua costruzione ideologica in gran parte alla ferma convinzione di questo suo nonno nel comunismo “che gli aveva dato l’opportunità di guadagnare tutto quanto aveva”.

Le convinzioni di Panteley sono rimaste incrollabili anche quando è stato arrestato nell’ambito della Grande Purga di Stalin.

Era stato accusato di essersi unito ad un “movimento trotzkista controrivoluzionario” (che secondo l’accusa gestiva una cellula nel loro lontano villaggio), ma era tornato dalla sua famiglia dopo quattordici mesi dietro le sbarre, giusto in tempo per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

Per buona parte del conflitto, le linee di combattimento tra l’avanzata tedesca e l’Armata Rossa in contrattacco si sono estese vicino a dove la famiglia di Gorbachev abitava; Il padre di Mikhail, Sergey, era stato arruolato e persino dichiarato morto, ma alla fine della guerra tornò con schegge conficcate in una gamba.

Sebbene Sergey sia stato una presenza lontana nella vita di suo figlio fino a quel momento e non abbia mai vissuto con lui, ha saputo trasmettere a Mikhail un’abilità che ha giocato un ruolo importante nella sua vita: quella di meccanico di macchine agricole e autista di mietitrebbiatrice.

Brillante a detta di tutti, Mikhail raccolse rapidamente l’abilità, vantandosi in seguito di poter individuare qualsiasi malfunzionamento solo dal rumore emesso da una trbbiatrice o da un trattore.

Era improbabile che questa capacità gli facesse guadagnare fama oltre i confini del suo villaggio.

Il vero successo è arrivato quando padre e figlio hanno letto un decreto che avrebbe conferito un onore nazionale a chiunque avesse trebbiato più di 8000 quintali (800 tonnellate o più di 20 grandi camion) di grano durante il prossimo raccolto.

Nell’estate del 1948 Gorbachev senior e junior ne trebbiarono ben 8888 quintali.

Come per molte delle imprese agricole e industriali che hanno trasformato in eroi sovietici alcuni lavoratori ordinari, i dettagli esatti dell’impresa (e quali sforzi di altri potrebbero averla resa possibile ) non sono chiari, ma Gorbachev, 17 anni, è diventato uno dei più giovani decorati con il prestigioso Ordine della Bandiera Rossa del Lavoro.

Ammesso nel Partito Comunista già da adolescente (una rara ricompensa data ai più zelanti e politicamente affidabili), Mikhail ha utilizzato la medaglia come trampolino di lancio immediato per Mosca.

Il riconoscimento per il giovane trebbiatore di grano significava che non doveva superare alcun esame di ammissione e nemmeno sostenere un colloquio presso la più prestigiosa Università statale di Mosca della Russia.

Con la sua istruzione scolastica da villaggio, Gorbachev ha ammesso di aver inizialmente trovato tremende le necessità di studio di una laurea in giurisprudenza, in una città che non aveva mai visitato prima.

Ma presto ha incontrato un altro ambizioso studente di campagna e un’altra influenza decisiva sulla sua vita: la sicura di sé, loquace Raisa, che in seguito ha passato sì e no una notte separata dal marito fino alla sua morte, ha contribuito a far emergere l’ambizione naturale nel determinato, ma solo occasionalmente serio studioso Gorbachev.

Com’era prevedibile, Gorbachev diventa una delle figure di spicco del Komsomol dell’università, la lega della gioventù comunista, che con i suoi solenni incontri di gruppo e iniziative politiche serviva sia da prototipo che da guida per le attività del partito una volta adulti.

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STAVROPOL – Il riformismo fiorisce nel disgelo di Krushev

Dopo la laurea nel 1955, Gorbachev ha resistito solo dieci giorni nell’ufficio del Procuratore di Stavropol (mostrandosi un po’ schizzinoso nei confronti del lato meno idealistico dell’apparato sovietico) prima di trasformarsi in funzionario locale del Komsomol.

Per i successivi 15 anni la sua biografia si legge come una sequenza di promozioni: in ascesa fino a diventare il massimo burocrate del Komsomol della regione di Stavropol, sovrintendendo all’agricoltura su una popolazione di quasi 2,5 milioni di persone prima del suo 40° compleanno.

Tutti le caratteristiche dello stile di comando di Gorbaciov, che era destinato a diventare famoso in tutto il mondo, erano già in evidenza qui.

Evitando l’abitudine dei funzionari sovietici di barricarsi all’interno di uffici, Gorbachev trascorreva vaste porzioni del suo tempo “sul campo”, spesso letteralmente in un campo.

Con il suo caratteristico accento del sud e la sua genuina curiosità per le esperienze della gente comune, il giovane funzionario sapeva toccare le corde giuste quando visitava piccoli villaggi e discuteva di proiettori rotti nei club cinematografici locali e della carenza di alcuni generi alimentari.

Un altro suo entusiasmo era per la discussione pubblica, in particolare su problemi locali specifici, ancora una volta in contrasto con la maggior parte dei funzionari a cui piaceva discutere a porte chiuse le questioni negative, Gorbachev istituì infiniti circoli e comitati di discussione, quasi donchisciottesco ottimista sulla creazione di un tipo di vita migliore nell’austerità del dopoguerra.

POLITBURO – Verso il trono

Negli anni ’70 qualsiasi segno di modernizzazione nella società o nella leadership sovietica era diventato un lontano ricordo e si pensava che fosse stato istituito un presunto “socialismo avanzato”, con gli sconvolgimenti e le promesse degli anni passati sostituiti da quella che è stata ampiamente descritta come una “era di stagnazione” (il termine ha guadagnato valore ufficiale dopo essere stato pronunciato dallo stesso Gorbachev in uno dei suoi primi discorsi pubblici appena salito al vertice del sistema sovietico).

Senza le regolari epurazioni di Stalin o un qualsiasi meccanismo di sostituzione democratica, tra la metà degli anni ’60 e gli anni ’80, quasi l’intero apparato della leadership sovietica è rimasto invariato, a partire dal sempre più senile Leonid Brezhnev, che alla fine della sua vita nel 1982 era diventato una figura di derisione e di pietà a livello nazionale, mentre biascicava i discorsi e riusciva a malapena a resistere durante infiniti eventi del protocollo, indossando sgargianti tappeti di onori militari per battaglie a cui non aveva mai partecipato.

Com’era prevedibile, il potere è stato devoluto alle varie fazioni, poiché i pesi massimi di età avanzata spingevano i loro protetti in posizioni chiave.

Con un gigantesco Paese come terreno di gioco, il sistema ha premiato coloro che hanno escogitato programmi e slogan accattivanti, si sono presi il merito dei successi altrui, hanno saputo distogliersi i fallimenti e hanno collaborato instancabilmente per creare consenso o.

Gorbachev ha prosperato qui.

I suoi principali mecenati erano lo stesso Breznev, l’ideologo del partito purista Mikhail Suslov, che considerava Stavropol la sua base di potere, e soprattutto il capo della linea dura del KGB, Yuri Andropov.

Il capo della sicurezza aveva definito l’aspirante politico come il “mio diamante grezzo di Stavropol” – un’altra replica a coloro che cercano di dipingere Gorbachev come un ingenuo e benedetto outsider, una Giovanna d’Arco dell’establishment sovietico.

Dopo essere stato chiamato a Mosca nel 1978 per sovrintendere all’agricoltura sovietica, una storia apocrifa suggerisce che aveva quasi perso l’appuntamento quando alti funzionari non sono riusciti a trovarlo dopo che si era ubriacato per festeggiare un anniversario del Komsomol, solo per essere salvato da un autista all’ultimo momento – Mikhail Gorbaciov è stato nominato al Politburo nel 1980.

Il Politburo, che comprendeva alcuni ma non tutti i ministri e i capi regionali dell’URSS, era un consiglio interno che prendeva tutte le decisioni chiave del paese, con il leader sovietico seduto in cima al tavolo che aveva l’ultima parola (anche se Breznev a volte saltava le riunioni o si addormentava durante esse).

Quando Gorbaciov divenne un membro a tutti gli effetti aveva meno di 50 anni.

Tutti tranne uno della dozzina di altri membri avevano più di sessant’anni e la maggior parte più di settanta.

Definirli geronti non era un insulto, ma la descrizione letterale di un gruppo di uomini anziani – molti afflitti da malattie croniche ben al di là delle capacità dei medici sovietici – che ricordavano più i decrepiti baroni terrieri al tavolo di un re feudale che efficaci burocrati.

Anche lui fu sorpreso dalla rapidità con cui arrivò.

Breznev, che soffriva di una serie di malattie circolatorie, morì di infarto nel 1982. Andropov, che stava per intraprendere un energico giro di vite, morì di insufficienza renale nel 1984.

Il medagliere ridicolmente abbondante di Leonid Breznev il giorno del suo funerale.

Konstantin Chernenko era già malato quando arrivò alla leadership, e morì all’inizio del 1985 di cirrosi.

La caduta di questi anziani sovrani, prevedibile e tragicomica nelle conseguenze suun Paese di oltre 250 milioni di persone, non solo aprì la strada a Gorbaciov, ma rafforzò le credenziali del giovane ed energico pretendente.

L’11 marzo 1985 Gorbachev viene nominato Segretario Generale del Comitato Centrale del Partito Comunista dell’URSS.

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RIFORME NECESSARIE – Superare l’inefficienza economica

Come spesso nella storia, il riformatore arriva in un momento difficile.

I numeri hanno mostrato che la crescita economica, che era dilagante durante l’industrializzazione della Russia nei quattro decenni precedenti, è rallentata nell’era di Breznev, con fonti esterne che suggeriscono che l’economia è cresciuta in media non più del 2% per decennio.

La scarsità dei pochi beni desiderabili prodotti e la loro distribuzione inefficiente significa che molti cittadini sovietici trascorrono una parte notevole del loro tempo in coda o commerciando per ottenere merci ordinarie come zucchero, carta igienica o chiodi per la casa attraverso i loro contatti, sia “sotto casa, allo sportello” o come vantaggi del Partito e del posto di lavoro, prendendo in giro l’egualitarismo comunista.

La corruzione e la mancanza di responsabilità in un’economia in cui la piena occupazione era scontata, insieme all’incessante strombazzare di presunti risultati attraverso giornali e programmi televisivi monolitici, infettano la vita privata con pensiero doppio e cinismo.

Ma questo ancora non descrive la sensazione scialba e costrittiva dello stile di vita nell’economia socialista, non casualmente evitata da tutte le società nel mondo moderno, ad eccezione della Corea del Nord e di Cuba.

Ad esempio: mentre nessuno moriva di fame, c’era la possibilità di scegliere tra una manciata di lattine standardizzate – etichettate semplicemente salmone o carne in scatola – identiche in ogni negozio del paese, e coloro che erano nati nel 1945 potevano aspettarsi di scegliere tra gli stessi pochi beni fino al giorno della loro morte, giorno dopo giorno.

I sovietici si vestivano con gli stessi vestiti, vivevano in identiche case condominiali e speravano di ricevere un catorcio di Lada entro un decennio come ricompensa per la loro lealtà o per i loro servizi.

Combinato con la mancanza di libertà personali, si era creato un ambiente che molti trovavano rassicurante, ma che per altri era soffocante, tanto che un banale relitto di un mondo diverso, tipicamente un paio di jeans americani o una TV giapponese, acquisiva un prestigio culturale affatto sproporzionato rispetto alla funzione reale.

I sovietici non potevano conoscere i meccanismi della vita effettiva all’interno di una società capitalista -con i suoi mutui, mercati del lavoro e bollette- ma molti pensavano che in tutto il mondo si conducessero vite più sgargianti e più libere.

E anche se aveva portato decine di milioni di persone fuori dalla povertà assoluta, non c’era più l’aspettativa che lo stile di vita del comunismo sovietico sarebbe stato migliorato in modo significativo nel futuro, e la promessa di un futuro migliore era sempre stata un principio chiave del comunismo.

Nel 1965 e nel 1979 furono tentati diversi cambiamenti ad ampio raggio, ma ogni volta la spinta iniziale è stata ridotta ad un inefficace armeggiare non appena la modifica proposta veniva a toccare i fondamenti del regime sovietico, in cui era vietata l’attività commerciale privata e il controllo statale sull’economia era totale e centralizzato.

Gorbachev ha sentito profondamente il malessere e ha mostrato indubbio coraggio per fare quanto era necessario, intuendo che le sue riforme non solo avrebbero ricevuto sostegno dal basso, ma nessuna resistenza insormontabile dall’alto.

La politica di “Uskorenie”, “Accelerazione”, che è diventata uno dei pilastri del suo mandato, è stata annunciata poche settimane dopo la sua nomina come una revisione dell’economia.

Ma non ha affrontato le fondamentali inefficienze strutturali del regime sovietico.

Invece offriva le solite soluzioni amministrative dall’alto verso il basso: più investimenti, una supervisione più rigorosa del personale, meno sprechi.

Qualsiasi spinta ottenuta attraverso la retorica e la sostituzione di alti dirigenti fatti precipitare dalla piramide del potere sarebbe stata probabilmente irrilevante e si sarebbe esaurita nel giro di pochi mesi.

La sua seconda iniziativa, appena due mesi dopo aver assunto il controllo, tradiva le stesse impostazioni bene intenzionate ma fuorvianti.

Poiché il consumo diffuso di alcol è un sintomo del declino tardo-sovietico, Gorbaciov aveva escogitato una soluzione semplice: ridurre la produzione di alcol e alla fine sradicare del tutto il consumo di alcol.

“Le donne mi scrivono dicendo che i bambini vedono di nuovo i loro padri e possono vedere i loro mariti”, ha detto Gorbaciov quando gli è stato chiesto se la riforma stesse funzionando.

Gli oppositori della misura illiberale hanno costretto i cittadini russi a fare ancora più code, mentre gli alcolisti ricorrevano al consumo di liquidi industriali e dopobarba.

Gli economisti hanno affermato che il budget, che derivava un quarto del suo reddito totale dalle vendite al dettaglio dall’alcol, è stato gravemente minato.

Invece è nata un’economia sommersa: nel 1987, 500mila persone sono state arrestate per esservi coinvolte, cinque volte di più rispetto a appena due anni prima.

Era necessario di più e Gorbachev lo sapeva.

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PERESTROJKA – Gorbachev al suo apice

“Dobbiamo ricostruire noi stessi. Tutti noi!”

Gorbachev ha pronunciato per la prima volta la parola “perestrojka” – riforma, o ricostruzione – nel maggio 1986, o meglio ha detto ai giornalisti, usando la caratteristica e accattivante prima persona plurale: “Dobbiamo ricostruire noi stessi. Tutti noi!”.

Riportata dai giornalisti, in pochi mesi la frase è diventata la parola-pilastro nei discorsi di Gorbaciov e infine il simbolo dell’intera epoca.

Prima le sue riforme erano state principalmente economiche e all’interno delle strutture esistenti; ora hanno colpito il cuore politico dell’Unione Sovietica.

La rivoluzione è arrivata dall’alto, durante una conferenza centrale del partito a lungo preparata dal burocratico titolo “Sulla riorganizzazione e la politica del personale del partito” il 27 gennaio 1987.

Al posto della sequenza di congratulazioni banali che aveva caratterizzato tali occasioni in precedenza, Gorbachev ha allegramente pronunciato la condanna a morte, anche se con  con sospensione della pena, per il governo comunista nell’Unione Sovietica (per quanto all’epoca non se ne fosse reso conto).

“Il Partito Comunista dell’Unione Sovietica e i suoi leader non si sono resi conto della necessità di un cambiamento, non hanno compreso la crescente tensione critica nella società, né hanno sviluppato alcun mezzo per superarla. Il Partito Comunista non è stato in grado di sfruttare appieno la società socialista”, ha detto a un pubblico che non ha mostrato segni di apprensione.

“Per quelli di voi che sembrano faticare a capire, vi dico: la democrazia non è lo slogan, è l’essenza stessa della Perestrojka”.

“L’unico modo in cui un uomo può ordinare la sua casa, è se sente di esserne il proprietario. Ebbene, per un Paese è lo stesso”, diceva Gorbaciov in un mix di similitudini casalinghe e di grandi affermazioni.

“Solo con l’estensione della democrazia, dell’espansione dell’autogoverno può la nostra società avanzare nell’industria, nella scienza, nella cultura e in tutti gli aspetti della vita pubblica”.

Gorbaciov ha usato la parola “rivoluzione” undici volte nel suo discorso, autonominandosi erede di Vladimir Lenin.

Ma quanto stava proponendo non aveva precedenti nella storia russa o sovietica.

La parola democrazia è stata usata più di 70 volte in quel discorso.

L’Unione Sovietica era uno stato totalitario a partito unico, che ha prodotto il 99,9% di risultati elettorali con elettori che potevano scegliere un solo singolo candidato.

I tentativi di radunarsi in gruppi di più di tre, anche se non per protestare, potevano portare all’arresto, così come qualsiasi critica politica stampata o pubblica, ed alcuni dissidenti sono stati semplicemente sottoposti a cure psichiatriche obbligatorie o costretti a rinunciare alla cittadinanza.

Milioni di persone sono state impiegate come agenti ufficiali del KGB o informatori, intercettando cittadini potenzialmente oppositori.

Al popolo sovietico era proibito di lasciare il paese, senza l’approvazione dei servizi di sicurezza e del Partito.

Questa era una società gestita interamente da chi era al potere, facendo affidamento sull’obbedienza e sulla cooperazione attiva nell’oppressione da parte di un’ampia parte della popolazione.

Quindi, i cambiamenti proposti sono stati un’inversione fondamentale delle dinamiche di potere nella società.

Tra l’ascesa di Gorbachev e la fine di quell’anno, sono stati sostituiti due terzi del Politburo, più della metà dei capi regionali e il quaranta per cento dei membri del Comitato Centrale del Partito Comunista.

Gorbachev sapeva che la democrazia era impossibile senza quella che divenne nota come glasnost, un’apertura alla discussione pubblica.

“Stiamo arrivando tutti alla medesima conclusione: abbiamo bisogno di glasnost, abbiamo bisogno di critiche e autocritiche. Nel nostro Paese tutto riguarda le persone, perché è il nostro Paese”, disse Gorbaciov, facendo astutamente eco a Lenin, in quel forum di gennaio, sebbene i germogli di glasnost fossero emersi per la prima volta l’anno prima.

Dalla metà del 1986 fino al 1987 sono stati rilasciati film sovietici censurati che sono rimasti sugli scaffali per anni, il KGB ha smesso di disturbare il BBC World Service e Voice of America, il fisico nucleare vincitore del Premio Nobel per la pace Andrei Sakharov e centinaia di altri dissidenti sono stati liberati, e furono aperti archivi che documentavano le repressioni dell’era staliniana.

Era in corso una rivoluzione sociale.

Non plausibile, nel giro di due anni, la televisione è passata dall’assenza di programmi senza copione a Vzglyad, un talk show (in un momento in cui la maggior parte della televisione sovietica era composta da manichini fossilizzati) che parlava della guerra in Afghanistan, della corruzione o di droghe con video, precedentemente vietati, direttamente dai Pet Shop Boys o dai Guns N’ Roses come intermezzi musicali.

Per milioni di persone che guardavano Axl Rose, saltellando tra documentari sulla produzione dell’acciaio e spettacoli di marionette, hanno creato una dissonanza cognitiva che rasenta l’assurdo.

Oltre al suo crescente fascino per l’Occidente, si è scatenato un torrente di creatività domestica.

Mentre la maggior parte di quello che è stato prodotto nel di colpo fiorente rock e nell’industria cinematografica improvvisamente liberata era derivato dall’estero ed era culturalmente ingenuo e fuori tempo, non si può negare che le registrazioni dell’epoca emanino ancora un’inconfondibile vitalità e sincerità.

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Molti hanno accolto con favore il livello senza precedenti di libertà personale e la possibilità di svolgere un ruolo attivo nella storia del proprio paese, altri erano allarmati, mentre altri ancora cavalcavano l’onda quando ha spazzato tutto davanti, per poi rinunciarvi una volta che si è ritirata.

Ma è da notare che anche i presunti più fedeli difensori dell’ “ancien régime” -gli ufficiali del KGB e i membri più anziani del partito- che in seguito hanno trascorso decenni a criticare la Perestrojka, non sono intervenuti per difendere il comunismo dell’era Breznev mentre ne vedevano la demolizione.

Quello che tutti desideravano dai cambiamenti è una faccenda diversa: alcuni volevano la possibilità di viaggiare all’estero senza un visto di uscita, altri l’opportunità di guadagnare denaro, altri ancora di scalare la scala della carriera politica senza aspettare che il loro predecessore morisse in carica.

Ma a differenza dei resoconti successivi, che spesso presentavano Gorbachev come un sabotatore che doveva eseguire un programma incomprensibile, all’epoca la sua base di supporto era ampia e le sue decisioni sembravano incoraggianti e logiche.

Come politico popolare Gorbachev era in crescendo.

Le sue tipiche visite ai Municipi e alle fabbriche erano efficaci.

Il contrasto con i corpi quasi mummificati dei precedenti Segretari generali -che, nella mente dei comuni cittadini sovietici, potevano essere raffigurati solo in cima al Mausoleo di Lenin durante una parata militare, o fissando un cartello lungo la strada mentre sollecitano una sempre maggiore produttività o valori socialisti più intensi- era schiacciante.

Gorbachev era in cima, ma la struttura rigida dello stato sovietico stava per allentarsi in modo incontrollabile.

LA GUERRA FREDDA FINISCE – Concessioni da vero pacifista

Alla fine degli anni ’80 il mondo sembrava così profondamente diviso in due campi che sembrava che due specie in competizione condividessero lo stesso pianeta.

I conflitti sorgevano costantemente, poiché gli Stati Uniti e l’URSS combattevano guerre per procura in ogni continente: in Nicaragua, Angola e Afghanistan, con l’Europa divisa da una vera e propria linea di combattimento, entrambe le parti aggiornavano costantemente i piani di battaglia e spostavano divisioni di carri armati attraverso gli stati alleati, dove decine di le basi ospitavano soldati a migliaia di kilometri da casa.

Dal momento che la Guerra Fredda non si è conclusa con un olocausto nucleare, è diventato convenzionale descrivere le due superpotenze solo come rivali, ma all’epoca non c’erano dubbi sul fatto che fossero nemici veri.

“Il nucleo del Nuovo Pensiero è l’ammissione del primato dei valori umani universali e la priorità di garantire la sopravvivenza della razza umana”, scrisse Gorbachev nel suo manifesto della Perestrojka del 1988.

Al famoso vertice di Reykjavik nel 1986, che si concluse formalmente con un fallimento ma di fatto costituì l’inizio degli eventi che avrebbero posto fine alla Guerra Fredda, entrambe le parti rimasero stupite su quanto si accorsero di potere essere d’accordo, scorrendo tutto l’insieme degli argomenti in agenda, invece di combattere battaglie campali fini a se stesse su ogni punto del protocollo.

“L’umanità è nella stessa barca, e noi tutti possiamo o affondare o remare.”

Importanti trattati hanno seguito il vertice: l’accordo INF nel 1987, che vietava i missili balistici intermedi, il trattato CFE che ha ridotto gli schieramenti militari in Europa nel 1990, e l’anno successivo, il trattato START, che riduceva il numero degli armamenti nucleari complessivi.

L’impatto è stato tanto simbolico quanto pratico – le due superpotenze potevano ancora annientarsi a vicenda in pochi minuti – ma la tendenza geopolitica era chiara.

Gli analisti militari hanno affermato che ogni volta l’URSS rinunciava a più di quanto riceveva dagli Americani.

Anche la dinamica personale tra Reagan -che pretendeva sempre di dare lezioni ai “russi” da una posizione di presunta superiorità morale- e Gorbaciov -il pacifista che cercava una soluzione ragionevole- era distorta a favore del leader degli Stati Uniti.

Ma Gorbaciov non stava giocando secondo quelle regole.

“Qualsiasi discorso sul disarmo non riguarda lo sconfiggere l’altra parte. Tutti devono vincere, o tutti perderanno”, ha scritto.

L’Unione Sovietica iniziò a ritirare le sue truppe e gli esperti militari dai conflitti in tutto il mondo.

Per dieci anni la guerra, evidentemente impossibile da vincere, condotta in Afghanistan si era radicata come una componente oppressiva della coscienza nazionale.

Quindicimila soldati sovietici sono morti, altre centinaia di migliaia sono stati feriti o traumatizzati psicologicamente (la percezione stereotipata del “veterano afgano” in Russia è quasi identica a quella del “veterano del Vietnam” negli Stati Uniti).

Quando la guerra è stata ufficialmente dichiarata “errore” ed i carri armati sovietici sono tornati finalmente indietro attraverso il confine montuoso nel 1989, pochissimi si sono lamentati del ridimensionamento delle ambizioni internazionali dell’URSS.

Nel luglio 1989 Gorbachev ha fatto un discorso al Consiglio d’Europa, dichiarando che è “diritto sovrano di ogni popolo di scegliere il proprio sistema sociale”.

Quando il dittatore rumeno Nicolae Ceausescu, che presto sarebbe stato giustiziato dal suo stesso popolo, aveva chiesto – durante il 40° anniversario della Repubblica Democratica Tedesca Comunista nell’ottobre 1989 – che Gorbachev reprimesse l’ondata di rivolte, il leader sovietico ha risposto con un secco “Mai più! “.

Quell’anno i carri armati russi hanno attraversato l’Europa orientale, ma nella direzione opposta, l’Unione Sovietica stava abbandonando le proprie costose basi preparate per una guerra che nessuna delle parti ora voleva.

“La vita punisce coloro che sono indietro rispetto ai tempi”, lo aveva avvertito l’ostinato leader della Germania Orientale, Erich Honecker. Honecker è morto in esilio in Cile cinque anni dopo, dopo aver trascorso questo tempo respingendo le accuse penali rivoltegli da milioni di tedeschi arrabbiati.

Quando il muro di Berlino è stato abbattuto a novembre, secondo quanto riferito, Gorbachev non è stato nemmeno svegliato dai suoi consiglieri e non si sono tenuti incontri di emergenza.

Non c’era alcuna controindicazione morale per la quale al popolo tedesco non dovesse essere permesso di vivere come una nazione, ponendo fine a quella che lo stesso Gorbachev chiamava la “divisione innaturale dell’Europa”.

La citazione proviene dal suo discorso di accettazione del Premio Nobel per la Pace del 1990.

TENSIONI ETNICHE – Divampano i conflitti etnici alla periferia dell’URSS

Le tensioni etniche alla periferia dell’impero hanno portato a guerre su vasta scala dopo il crollo dell’URSS.

Verso la fine del suo periodo piuttosto breve come leader sovietico, Mikhail Gorbaciov ha dovuto affrontare un problema che molti ritenevano definitivamente risolto e sepolto; vale a dire, la conflittualità etnica, che porta guerre e morte.

Il concetto di popolo unico era stato imposto con metodi puramente sovietici: mettendo a tacere qualsiasi accenno ai problemi effettivamente esistenti nei mass media controllati dal partito, alla repressione spietata di qualsiasi tentativo di movimenti nazionalisti e al reinsediamento forzato di interi popoli per “essersi schierati con il nemico” durante la Seconda Guerra Mondiale.

Dopo che Gorbachev aveva annunciato le politiche di Glasnost e di democratizzazione, molti gruppi etnici hanno iniziato a esprimere sentimenti nazionalisti.

Questo è stato seguito dalla formazione o legalizzazione di movimenti nazionalisti, sia nelle repubbliche nazionali che nella stessa Russia, dove le camicie nere dell’organizzazione “Memory” si sono messi ad accusare i comunisti e gli ebrei per aver oppresso i Russi etnici e hanno iniziato una cosiddetta “liberazione”.

Né la società né le forze dell’ordine erano preparate a tali sviluppi.

Il sistema politico sovietico era rimasto totalitario e privo di qualsiasi argomento liberale contro il nazionalismo.

Inoltre, il concetto di “internazionalismo proletario” era stato così fortemente promosso che molte persone hanno iniziato a vedere il nazionalismo come parte di una lotta per le libertà politiche e la prosperità economica guidata dal mercato.

Fino alla metà degli anni ’80, l’Unione Sovietica era ufficialmente considerata dagli ideologi del partito come una nazione multietnica, nonostante fosse composta da 15 repubbliche nazionali e da ancora più repubbliche e regioni interne, con dozzine di gruppi etnici che formavano una miscela eterogenea.

L’affermazione non era completamente infondata poiché le nuove generazioni in tutto il paese parlavano russo e avevano una conoscenza di base della cultura russa insieme alla filosofia marxista.

In effetti, il mondo esterno ha confermato questa unità chiamando “Russi” tutti i cittadini sovietici -dagli estoni ugro-finnici in Occidente ai popoli turchi e iraniani dell’Asia centrale e ai nativi dell’Estremo Oriente, strettamente imparentati con gli indigeni americani dell’Alaska.

Allo stesso tempo, i servizi di sicurezza hanno continuato a usare i rozzi metodi sovietici che erano già stati denunciati dai leader del partito; la polizia non aveva né gli strumenti né l’esperienza per un adeguato controllo della folla.

Di conseguenza, potenziali conflitti si stavano preparando in tutto il paese e le autorità non hanno fatto quasi nulla per prevenirli.

In effetti, molte delle élite regionali hanno scelto di cavalcare l’onda del nazionalismo per ottenere più potere e regolare vecchi conti.

Allo stesso tempo, il livello di nazionalismo era molto irregolare e le sue manifestazioni differivano sia per frequenza che per intensità in tutta l’URSS.

Nel febbraio 1988, Gorbachev ha annunciato al plenum del Partito Comunista che ogni paese socialista era libero di scegliere i propri sistemi sociali.

Sia i nazionalisti che le autorità hanno considerato questo un segnale di via libera.

Pochi giorni dopo questo annuncio, il conflitto nella piccola regione montuosa del Nagorno-Karabakh è entrato in una fase di guerra aperta.

Il Nagorno-Karabakh è una “enclave” popolata principalmente, ma non esclusivamente, da Armeni nella repubblica transcaucasica dell’Azerbaigian.

Le relazioni tra Armeni e Azeri sono sempre state tese, con rivendicazioni reciproche risalenti ai tempi dell’impero ottomano; la politica amministrativa sovietica basata esclusivamente sulla geografia e sull’economia non ha fatto che peggiorare le cose.

Nella primavera del 1989, i nazionalisti sono scesi in piazza in un’altra repubblica transcaucasica: la Georgia.

Il paese era (ed è tuttora) composto da molti gruppi etnici, ciascuno dei quali rivendicava un territorio separato, a volte piccolo come una sola collina e un paio di villaggi, e l’ascesa del nazionalismo lì fu ancora più pericolosa.

I georgiani hanno marciato sotto lo slogan “Abbasso il comunismo!” e “Abbasso l’imperialismo sovietico”.

I raduni erano sorvegliati e diretti dai “Georgian Falcons” -una squadraccia di uomini robusti, molti dei quali veterani della guerra afgana, armati di manganelli e sbarre d’acciaio.

“Abbasso il comunismo!” “Abbasso l’imperialismo sovietico”.

Questa volta Gorbachev sceglie di non aspettare gli eventi e manda un reggimento di truppe scelte “Spetsnaz” a schierarsi a Tbilisi per affrontare le manifestazioni nazionaliste.

Ancora una volta, i vecchi metodi sovietici si mescolavano male con le realtà della democratizzazione.

Quando i manifestanti hanno visto i soldati, si sono ancor più agitati e le strade intorno ai principali punti nevralgici sono state bloccate da barricate.

Ai soldati era stato ordinato di usare solo manganelli di gomma e gas lacrimogeni, e non hanno ricevuto armi da fuoco, ma di fronte ai Georgian Falcons hanno estratto l’arma preferita dagli Spetsnaz: le baionette.

Almeno 19 persone sono rimaste uccise negli scontri o calpestate dalla folla che è stata costretta a lasciare la piazza centrale ma non aveva vie di fuga. Centinaia sono stati i feriti.

Mosca ha ordinato un’indagine sulla tragedia e una commissione speciale ha scoperto molti gravi errori commessi sia dalle autorità regionali e centrali che dai leader del partito.

Tuttavia, al Congresso dei Deputati del Popolo di maggio, Gorbachev ha rifiutato categoricamente di accettare qualsiasi responsabilità per gli eventi di Tbilisi e ha attribuito le vittime ai militari.

Più tardi l’ultimo leader sovietico ha pagato per questa testardaggine che inevitabilmente ha avuto un ruolo nella sua caduta.

Nel febbraio 1990, il Comitato Centrale del Partito Comunista ha votato per l’adozione del sistema di potere presidenziale e il segretario generale Gorbaciov è diventato il primo e l’ultimo presidente dell’URSS.

Lo stesso Plenum ha smantellato il monopolio del potere del Partito Comunista, anche se il paese non aveva organizzazioni politiche di base o organizzazioni politiche non dipendenti dai comunisti tranne che per i nazionalisti.

Di conseguenza, l’impulso alla seccessione è aumentato rapidamente, sia nelle repubbliche regionali che persino nel cuore dell’Unione Sovietica: la Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa.

Nel 1990, la Repubblica di Lituania è stata la prima a dichiarare l’indipendenza dall’Unione Sovietica.

Nonostante le sue precedenti promesse, Gorbachev rifiutò di riconoscere ufficialmente questa decisione.

La regione si è trovata in un limbo legale e amministrativo e il Parlamento lituano si è rivolto a nazioni straniere con la richiesta di organizzare proteste contro la “occupazione sovietica”.

Nel gennaio 1991, il governo lituano ha annunciato l’inizio delle riforme economiche con la liberalizzazione dei prezzi e subito dopo il Soviet Supremo dell’URSS ha inviato truppe nella repubblica, citando “numerose richieste della classe operaia”.

Gorbachev ha anche chiesto alla Lituania di annullare tutti i nuovi regolamenti e di ritornare alla Costituzione sovietica.

L’11 gennaio, le truppe sovietiche hanno catturato molti edifici amministrativi a Vilnius e in altre città lituane, ma il Parlamento e il centro televisivo sono stati circondati da un migliaio di manifestanti e sono rimasti nelle mani del governo nazionalista.

La sera del 12 gennaio, le truppe sovietiche, insieme all’unità speciale del KGB, Alpha, hanno preso d’assalto il centro televisivo di Vilnius, uccidendo 12 difensori e ferendone altri 140.

Le truppe sono state quindi richiamate in Russia e la lotta per l’indipendenza lituana è continuata come prima.

Anche in questo caso Gorbachev ha nuovamente negato ogni responsabilità propria, dicendo di aver ricevuto rapporti sull’operazione solo dopo che si era conclusa.

Tuttavia, quasi tutti i membri del gabinetto sovietico contemporaneo hanno ricordato che l’idea che Gorbachev non fosse a conoscenza di un’operazione così importante era ridicola.

Cercare di scaricare la colpa ha messo l’immagine del presidente in una situazione perdente: negare di conoscere i combattimenti di Vilnius lo rendeva un insopportabile bugiardo, e se davvero non ne sapeva nulla, allora era un leader inefficace che stava perdendo il controllo sia di territori lontani che delle proprie forze speciali.

L’intervento rapidamente interrotto -le truppe sono state richiamate lo stesso giorno- è stato una delusione sia per gli intransigenti, che avrebbero voluto che Gorbachev se la sapesse cavare, sia per i riformatori democratici, inorriditi dalle scene che emergevano da Vilnius.

Questa insoddisfazione deve anche essere uno dei principali fattori che hanno provocato il cosiddetto Putch nell’agosto 1991, un tentativo da parte di membri irriducibili del Politburo di silurare Gorbachev e di ripristinare il vecchio ordine sovietico.

Hanno fallito nel secondo, ma hanno avuto successo nel primo poiché Gorbachev, isolato presso la sua dacia governativa in Crimea, è riuscito a tornare a Mosca solo a causa degli intrighi del nuovo leader russo, Boris Eltsin.

Quando Gorbachev è tornato, il suo potere era così diminuito che non ha potuto fare nulla per impedire l’accordo di Belovezha, il patto tra Russia, Bielorussia e Ucraina che ha posto fine alla storia dell’Unione Sovietica e ha introdotto la Comunità degli Stati Indipendenti.

Tutte le repubbliche sono diventate indipendenti, volenti o nolenti.

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Questa mossa, pur garantendo alle persone la libertà dal dominio sovietico, ha anche innescato un forte aumento delle attività nazionaliste estreme: la posta in gioco era abbastanza alta e intere nazioni erano in palio. Inoltre, nei tre anni tra l’offerta di libertà di Gorbachev e il crollo dell’URSS, non è stato fatto nulla per calmare l’odio etnico ribollente e, senza indicazioni da Mosca o controllo da parte della polizia e dell’esercito sovietici, molte regioni sono state inghiottite in guerre civili su vasta scala, basate su basi etniche.

Le cose sono diventate particolarmente cattive in Tagikistan, dove i combattimenti tra Tagiki di lingua iraniana e Uzbeki di lingua turca hanno portato molto presto alla pulizia etnica.

I rifugiati sono dovuti fuggire per salvarsi la vita in Afghanistan, che a sua volta è stato testimone di una guerra tra i Talebani e l’Alleanza del Nord.

La lunga e sanguinosa guerra in Georgia ha avuto anche una significativa componente etnica.

Dopo la sua fine, tre regioni che facevano parte della repubblica durante il periodo sovietico – Abkhazia, Adzharia e Ossezia del Sud – hanno dichiarato a loro volta l’indipendenza, garantita da una forza di mantenimento della pace della CSI.

Ad un certo punto, la Georgia è riuscita a riprendere l’Adzharia, ma quando il presidente georgiano Mikhail Saakashvili, sostenuto e armato dalle nazioni occidentali, ha tentato di conquistare l’Ossezia del Sud nel 2008, la Russia ha dovuto intervenire e respingere l’aggressione.

Successivamente, la Russia ha riconosciuto l’Ossezia meridionale e l’Abkhazia come nazioni indipendenti.

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LA SFIDA DI ELTSIN – Una nuova stella ruba le luci della ribalta

Come potrebbero attestare Stalin e Trotsky, o Tony Blair e Gordon Brown, il peggior arcirivale in politica è spesso uno della tua stessa squadra che persegue obiettivi sostanzialmente simili – ma non identici – e che brama il posto più alto.

Ma a differenza di quelle altre rivalità, le scene della successione tra Mikhail Gorbachev e Boris Eltsin, si sono svolte non attraverso accordi dietro le quinte e fughe di notizie sui media, ma sotto forma di un dramma epico di fronte a un pubblico di milioni di persone sedute dal vivo davanti ai loro televisori.

I due leader sono nati ad un mese di distanza nel 1931 e hanno seguito percorsi sostanzialmente simili come commissari regionali riformisti: mentre Gorbachev controllava la Stavropol agricola, Eltsin aveva tentato di rivitalizzare la regione industriale di Sverdlovsk, odierna Ekaterinburg.

Eppure, Eltsin era decisamente due passi dietro Gorbaciov nella scala della carriera sovietica, e senza il suo appoggio non sarebbe mai arrivato a Mosca.

Beneficato dal nuovo leader, sebbene non fosse il suo protetto personale, Eltsin fu chiamato a Mosca nel 1985 e l’anno successivo gli fu assegnato l’incarico di Primo Segretario del Partito Comunista di Mosca, diventando di fatto sindaco della capitale.

Lo stile di Eltsin combaciava perfettamente con la nuova agenda e lo stile personale del suo superiore, sebbene il suo rapporto personale con Gorbaciov fosse stato non dei migliori quasi dall’inizio.

Interrompendo i tour ufficiali delle fabbriche, l’amministratore della città avrebbe fatto visite a sorpresa ai negozi pieni di code e poco riforniti (e ai magazzini dove i materiali di consumo venivano messi da parte per le élite); abbandonando di tanto in tanto la sua limousine ZIL antiproiettile, Eltsin viaggiava sui mezzi pubblici.

Questo potrebbe sembrare un populismo disinvolto ora, ma all’epoca fu accolto con favore.

Nei primi mesi di servizio, il capo provinciale ha saputo rendersi caro ai Moscoviti, la sua base di potere più importante nelle lotte che sono seguite, e ottenere così la garanzia che non sarebbe stato dimenticato qualunque punizione rituale si  fosse eventualmente abbattuta su di lui dal vertice del Partito Comunista.

Ma Eltsin non era solo un demagogo soddisfatto di cambiamenti di facciata e di facile popolarità, e dopo mesi di crescenti critiche ai livelli più alti, ha colpito.

Durante una sessione pubblica del Comitato Centrale del Partito Comunista nell’ottobre 1987, il nuovo arrivato ha pronunciato un discorso che ha fatto sensazione.

Davanti a una sala raggelata, ha detto ai leader del Paese che stavano mettendo blocchi stradali sulla strada per la Perestrojka, ha accusato gli alti ministri di essere diventati “adulatori” nei confronti di Gorbachev.

Come sua ultima trovata, Eltsin si era ritirato dal suo incarico di candidato al Politburo, una mossa senza precedenti che equivaleva a disprezzo nei confronti dell’istituzione sovietica.

Il discorso, che in seguito ha detto di aver scritto “a braccio” mentre era seduto tra il pubblico solo poche ore prima, era tutto Eltsin ridotto in poche parole.

Senza paura di sfidare l’autorità e di rischiare tutto, con un talento per la recitazione drammatica, impulsiva e inaspettata (le sue dimissioni daPpresidente russo nel suo discorso di Capodanno sono state le più famose).

Il filmato mostra Gorbaciov che guarda perplesso dall’alto.

Non ha criticato pubblicamente Eltsin in quel momento e ha parlato con empatia delle preoccupazioni di Eltsin, ma più tardi quel giorno (con il suo sostegno) il Comitato Centrale ha dichiarato il discorso di Eltsin “politicamente fuorviato”, un viscido eufemismo sovietico che ha gettato all’epoca Eltsin nel deserto politico.

Gorbachev pensava di aver vinto il round -“Non permetterò a Eltsin di avvicinarsi di nuovo alla politica” aveva giurato, con lo sdegno negli occhi- ma da quel momento in poi, i loro ruoli storici e le loro immagini si sono reincontrate e scontrate.

Gorbachev, nonostante tutte le sue riforme, ora era diventato un socialista conformista e permaloso.

Eltsin, il carrierista che aveva ottenuto quasi tutto, ha saputo presentarsi come colui che rinunciava a tutto quello che aveva ottenuto fino all’età di 54 anni e che sapeva ribaltare tutto quanto in cui in precedenza credeva.

Gorbaciov, diventava il capo del Politburo che si nascondeva dietro la maggioranza silenziosa, mentre Eltsin era il ribelle che si opponeva.

Gorbaciov, il politico che parlava molto e spesso non diceva nulla, Eltsin, l’uomo d’azione.

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Storicamente, il contrasto può sembrare ingiusto, poiché entrambi erano personaggi storici ugualmente importanti, che hanno avuto un impatto rivoluzionario per il loro tempo.

Ma Eltsin -con il suo portamento regale e il suo energico carisma- non solo ha saputo prendere il testimone delle promesse della Perestrojka, ma anche sottrarre l’aura di uomo del futuro che era appartenuta fino a quel momento a Gorbaciov, che ora sembrava irrequieto e debole al confronto.

Quando è stato privato del suo ruolo a Mosca, lo status nel partito di Eltsin è stato comunque preservato.

Questo ha avuto un effetto perverso.

Nessuno ha impedito a Eltsin di partecipare a congressi di alto profilo.

Nessuno gli ha impedito di parlare con altri politici.

Era la situazione perfetta: aveva la piattaforma di un insider e i complimenti di un outsider.

Decine di deputati sarebbero venuti a criticare il Presidente, e poi sarebbe salito sul palco, Boris Eltsin contro l’Apparato.

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Il 12 giugno 1990 la Russia ha dichiarato la sovranità dall’URSS.

Un mese dopo, Eltsin ha messo in scena un altro delle sue sceneggiate drammatiche, quando ha abbandonato il Partito Comunista dal palco durante il suo ultimo congresso nazionale ed è uscito dalla sala stupefatta a testa alta, mentre i deputati lealisti lo schernivano.

Nel giugno 1991, dopo aver indetto elezioni anticipate, Eltsin è diventato il primo Presidente della Russia, ottenendo il 57%, ovvero più di 45 milioni di voti.

Il candidato del Partito ha raccolto meno di un terzo dei voti di Eltsin.

A questo punto la posizione di Gorbachev era diventata disperata.

L’Unione Sovietica veniva svuotata e Eltsin e gli altri leader regionali ora stavano attivamente colludendo tra loro, firmando accordi che aggiravano il Cremlino.

Comunisti e nazionalisti -spesso la stessa cosa- una volta erano stati ambivalenti riguardo alle riforme di Gorbachev, e comunque erano stati restii a criticare il loro leader.

Ma ispirati dalla glasnost di Gorbachev e con le prospettive a lungo termine del destino dell’URSS che stavano diventando molto chiare, ora volevano anche tutti dire la loro.

Una reazione reazionaria dei media inizia contro di lui, i generali pronunciano avvertimenti circa “disordini sociali” che suonano come minacce, e alcuni iniziano ad arrivare al punto di ipotizzare seriamente che Gorbachev stia lavorando per il “nemico” della Guerra Fredda.

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L’URSS IMPLODE – Il fallito colpo di stato fa cadere un leader sbiadito in un Paese diviso

La giunta che ha cercato di prendere il potere in Unione Sovietica la notte del 18 agosto è risultata essere una delle più incapaci nella storia dei colpi di stato di palazzo.

Il 18 agosto, tutti i telefoni della residenza di Gorbaciov, compreso quello utilizzato per controllare l’arsenale nucleare dell’URSS, sono stati improvvisamente interrotti, mentre a sua insaputa un reggimento del KGB ha circondato la casa.

Mezz’ora dopo una delegazione di alti funzionari è arrivata alla residenza di Foros, in Crimea con una selezione di documenti da far firmare a Gorbachev.

In uno di questi era scritto che dichiarava lo stato di emergenza e proclamava il controllo centrale su tutte le repubbliche ribelli, in un altro che cedeva il potere al suo vice, Gennady Yanaev, a causa di un peggioramento di salute.

Veramente arrabbiato per la loro slealtà, il leader sovietico li definisce “cancellieri” e si rifiuta di firmare qualsiasi cosa, dicendo che non avrebbe avuto sangue sulle mani.

Li fa poi uscire di casa con una lunga filippica – chiaramente ricordata da tutti i presenti nelle loro memorie – in cui definisce i golpisti come una “massa di (cocks in inglese)”.

I golpisti non erano preparati aquesta reazione.

Riuniti ancora una volta a Mosca, si siedono a guardare il loro decreto di emergenza non firmato, discutendo e non osando apporre i loro nomi sul documento dattiloscritto.

Con il passare della mezzanotte e sempre più bottiglie di whisky, importate dall’Occidente decadente da cui stavano salvando l’URSS, i patrioti trovano il loro coraggio, o almeno convincono Yanaev a mettersi in cima alla lista dei firmatari.

La “Banda degli Otto” sarebbe dovuta autonominarsi come “Comitato di Stato” per lo stato di emergenza.

I testimoni raccontano che, quando sono stati riportati alle loro dacie -nelle prime ore del giorno più importante della loro vita- i golpisti riuscivano a malapena a stare in piedi.

Valentin Pavlov, l’uomo della impopolare riforma monetaria e Primo Ministro, aveva bevuto così tanto che ha dovuto essere curato per intossicazione acuta da alcol e ricoverato in ospedale per problemi cardiaci mentre si svolgevano gli eventi dei tre giorni successivi.

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Ma gli ordini erano già stati emessi e la mattina del 19 i carri armati arrivano a Mosca.

Mentre le notizie suggerivano che nulla era andato storto -ed era vero- la Giunta golpista ha fatto sembrare che tutto lo fosse andato.

Non solo c’erano i soldati per le strade, ma tutti i canali TV erano spenti, con la musica del Lago dei Cigni di Tchaikovsky riprodotta in continuazione.

Entro le quattro del pomeriggio, la maggior parte dei media relativamente indipendenti veniva messa fuori legge con un decreto.

Ma nonostante tutto il loro agire pesante, i golpisti non hanno fatto nulla per fermare la loro vera nemesi.

A differenza della maggior parte dei colpi di stato, che sono un affare a doppio senso, questa è stata una lotta di potere triangolare -tra Gorbachev, i reazionari ed Eltsin.

Forse, come anche Gorbachev, bloccati nella loro mentalità di intrighi dietro le quinte, i golpisti hanno sottovalutato Eltsin e le sue risorse.

Il futuro leader russo era arrivato a Mosca dopo i colloqui con il suo omologo del Kazakistan, presumibilmente nello stesso stato allegro degli autoproclamati golpisti.

Ma quando sua figlia lo ha svegliato con la notizia dell’insolito programma di trasmissione multicanale, ha agito alla svelta ed è andato in auto direttamente nel centro di Mosca.

Ai soldati delle forze speciali piazzati intorno alla sua dacia dai golpisti non era stato ordinato né di fucilarlo, né di fermarlo.

I sostenitori di Eltsin si sono prima radunati a poche centinaia di metri dalle mura del Cremlino, e poi su sua istruzione hanno marciato attraverso la città deserta fino all’edificio della Casa Bianca, sede del parlamento ribelle russo.

Lì, nel suo momento decisivo e mentre la folla (sebbene a quell’ora fosse in realtà più magra di quanto suggerisce la mitologia) cantava il suo nome, Eltsin è salito su un carro armato delle forze governative, e ad alta voce, senza l’aiuto di un microfono , ha denunciato gli eventi delle ultime ore come un “colpo di stato reazionario”.

Nelle ore successive sono arrivate persone da tutta Mosca e la folla è salita a 70.000.

Una catena umana si è formata attorno all’edificio e barricate sono comparse fatte di filobus e di panchine dai parchi vicini.

Le unità d’élite inviate dalla giunta golpista non hanno avuto alcuna intenzione di sparare e lo hanno dimostrato mischiandosi liberamente ai manifestanti.

Il loro comandante, Pavel Grachev, è passato ad Eltsin il giorno successivo e in seguito è stato premiato con il posto di Ministro della Difesa.

Anche il sindaco di Mosca Yuri Luzhkov ha sostenuto Eltsin.

Rendendosi conto che il loro blackout mediatico non stava funzionando e che stavano rapidamente perdendo l’iniziativa, i golpisti sono andati all’altro estremo e hanno organizzato una conferenza stampa televisiva senza moderazione.

Seduti in fila, gli uomini anonimi dalla faccia color cenere sembravano in tutto e per tutto una giunta golpista.

Sebbene Yanaev fosse il leader nominale, non è mai stato il vero capo del colpo di stato, in gran parte orchestrato da Vladimir Kryuchkov, del KGB, che, con la naturale cautela di un agente di sicurezza, non voleva essere al centro della scena.

Il presidente ad interim, nel frattempo, non ha saputo fare la sua parte.

La sua voce era stanca e insicura, le sue mani tremavano: un altro ricordo rimasto nel tempo dell’agosto 1991.

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In un altro momento di gestione delle comunicazioni straordinariamente povero, dopo che i nuovi leader avevano pronunciato i loro discorsi, è stata data la parola ad un gruppo di giornalisti non controllato in precedenza ed estremamente ostile, che ha citato apertamente le parole di Eltsin accusandoli di rovesciare un governo legittimo in diretta televisiva.

Riferendosi a Gorbaciov come “il mio amico Mikhail Sergeevich”, Yanaev aveva affermato con voce monotona che il presidente “si stava riposando e si stava prendendo una vacanza in Crimea. È diventato molto stanco in questi ultimi anni e ha bisogno di un po’ di tempo per rimettersi in salute”.

Con i carri armati schierati fuori, gli eventi stavano rapidamente trasformandosi in una farsa letargica di fronte all’intero Paese.

Nei due giorni successivi si è verificata la condanna internazionale (solo Muammar Gheddafi, Saddam Hussein e Yasser Arafat hanno sostenuto il colpo di stato), la morte di tre attivisti filo-Eltsin e l’ordine della giunta golpista di riprendere a tutti i costi la Casa Bianca, annullato all’ultimo minuto.

Ma a quel punto il destino del golpe era già stato definito.

Nel frattempo, mentre gli eventi più drammatici in Russia dal 1917 si svolgevano a Mosca, Gorbaciov ha continuato a fare bagni nel Mar Nero e a guardare la TV con la sua famiglia.

La prima notte del colpo di stato, indossando un cardigan non adatto a un pubblico nazionale, ha registrato un discorso insolitamente mite alla nazione su una telecamera domestica, dicendo che era stato deposto.

Non è sembrato avere fatto alcun tentativo per far uscire il video da Foros, e quando è stato trasmesso la settimana successiva, ha indotto reazioni dal ridicolo, al sospetto che stesse agendo in combutta con i golpisti, o almeno aspettando gli esiti della lotta per il potere a Mosca.

Probabilmente Gorbachev non era assolutamente in combutta, ma non sembrava nemmeno mostrare il coraggio personale di Eltsin, che si è rivolto ripetutamente alla folla quando il colpo di un solo cecchino sarebbe stato sufficiente per porre fine alla sua vita.

La sera del 21 agosto, con il colpo di stato ormai chiaramente fallito, due aerei sono partiti per la Crimea quasi contemporaneamente da Mosca.

Nel primo erano imbarcati i membri della giunta, che provavano a recitare le loro richieste di perdono; nell’altro, membri della squadra di Eltsin, con un’unità armata per salvare Gorbachev che, per quanto se ne sapeva, poteva essere in pericolo di vita.

Quando i golpisti hanno raggiunto Foros, Gorbachev si èrifiutato di riceverli e ha chiesto che ripristinassero le comunicazioni.

Ha poi telefonato a Mosca, Washington e Parigi annullando i decreti della giunta golpista e ripetendo il semplice messaggio: “Ho la situazione sotto controllo”.

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Ma non la aveva,

L’irrilevanza di Gorbachev nei tre giorni del golpe era diventata una metafora della sua superfluità nella vita politica russa nei mesi precedenti e da quel momento in poi.

Sebbene i golpisti non abbiano avuto successo, era avvenuto un trasferimento di potere e Gorbachev aveva comunque perso.

Per tre giorni, la deferenza alle sue istituzioni formali di potere era stata abbandonata, eppure il mondo non era crollato, quindi non c’era più bisogno della sua mediazione esitante.

Scendendo con cautela i gradini della scala aerea all’atterraggio a Mosca, sbattendo le palpebre davanti alle telecamere, Mikhail Gorbachev era la più zoppa anatra zoppa.

Ha tenuto una conferenza stampa in cui ha discusso la direzione futura del Partito Comunista e i rimpasti interni che sarebbero arrivati, sembrando non solo fuori luogo, ma quasi delirante.

Gorbaciov si è dimesso da Presidente dell’Unione Sovietica il 25 dicembre 1991.

“La politica ha deciso di smembrare questo Paese e di disunire lo Stato, cosa a cui non posso aderire”, si è lamentato prima di lanciarsi nell’esame dei suoi sei anni in carica.

“Anche ora sono convinto che la riforma democratica che abbiamo lanciato nella primavera del 1985 fosse storicamente corretta. Il processo di rinnovamento di questo Paese e di cambiamento drastico nella comunità internazionale si è rivelato molto più complicato di quanto chiunque potesse immaginare”.

“Tuttavia, diamo il merito dovuto a quanto è stato fatto finora. Questa società ha acquisito la libertà. È stata liberata politicamente e spiritualmente, e questo è il risultato più importante che non abbiamo ancora pienamente compreso”.

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CONSEGUENZE – Elogiato in Occidente, disprezzato in Patria

“A causa sua, abbiamo un grande caos economico!”.

“Grazie a lui, abbiamo un’opportunità!”.

“A causa sua, abbiamo instabilità politica!”.

“Grazie a lui, abbiamo la libertà!”.

“Caos completo!”.

“Speranza!”.

“Instabilità politica!”.

“Grazie a lui, abbiamo molte cose come la Pizza Hut!”.

Così correva la sceneggiatura della pubblicità del 1997 che vedeva un gruppo di uomini discutere ad alta voce sull’esito della Perestrojka in un ristorante di Mosca appena aperto, a pochi metri da un goffo Gorbachev, che fissava il vuoto mentre sgranocchiava il suo cibo insieme alla sua nipotina di dieci anni.

Lo spot televisivo si conclude con l’intera clientela del ristorante che si alza in piedi e canta “Viva Gorbachev!” mentre brinda all’ex leader con fette di pizza piene di formaggio radioso e viscoso.

L’intera scena è una parodia delle trasformazioni epocali avvenute meno di un decennio prima, rese più crudeli dai sondaggi contemporanei tra i Russi che consideravano Gorbachev come il leader meno popolare nella storia del paese, meno di Stalin e di Ivan il Terribile.

Questo episodio rimane la perfetta sintesi della carriera post-dimissioni di Gorbachev.

Per i suoi critici, tra cui molti Russi, era uno degli uomini più potenti del mondo ridotto a sfruttare la sua famiglia per vendere pizze senza crosta per una catena di ristoranti – americana per giunta – un’umiliazione personale e nazionale, e un ricordo del suo “tradimento”.

Ma per l’ex-leader comunista non si trattava di niente del genere.

Un Gorbachev di buon umore ha detto in seguito che le riprese di metà pomeriggio erano state semplicemente un divertimento per la sua famiglia e che la ricompensa finanziaria “straordinaria” – donata interamente alla sua fondazione – era denaro che sarebbe stato utilizzato per beneficenza.

Per quanto riguarda l’impatto della carriera pubblicitaria di Gorbachev nella immagine internazionale della Russia…

In un paese in cui un decennio prima l’esistenza stessa di un Pizza Hut vicino alla Piazza Rossa sembrava inimmaginabile, così tanto era cambiato, sembrava un modo perversamente logico, se non dignitoso, di completare il cerchio.

Negli anni successivi al ritiro forzato di Gorbachev ci sono stati un tentativo di rovesciamento del governo che si è concluso con cannonate sul Parlamento, le privatizzazioni, la Prima Guerra Cecena, un Eltsin ubriaco che dirige un’orchestra tedesca e che due anni dopo ha strappato una improbabile vittoria ai comunisti revanscisti e un default imminente.

Sebbene abbia ottenuto lo 0,5 per cento dei voti popolari durante un tentativo di  ritorno politico senza esito che ha raggiunto il culmine nelle elezioni presidenziali del 1996, Gorbachev non ha avuto nulla a che fare con questi eventi che hanno cambiato la vita.

E a differenza di Nikita Kruschev, che era caduto in disgrazia in un modo peggiore, per poi vedere la torcia della sua strategia politica che veniva alzata dai successori, le circostanze di Gorbachev erano troppo specifiche per generare un’eredità politica.

Inoltre, la reputazione di contadino bugiardo e ciarlatano che aveva preso piede durante i suoi ultimi anni al potere ha oscurato quasi del tutto la sua comprovata abilità di operatore politico, senza parlare di coloro che si sono risentiti amaramente per gli eventi che ha contribuito mettere in movimento.

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A parte la sua antipatia viscerale per Boris Eltsin -i due uomini non si sono più mai parlati dopo il dicembre 1991- se Gorbaciov era amareggiato per la mancanza di rispetto che gli veniva gettata addosso in Patria, la indossava con leggerezza.

All’estero, ha goduto della sua aura da statista, ricevendo numerosi premi ed essendo l’ospite d’onore in molti ricevimenti importanti.

Eppure, per un uomo della sua ambizione, essere stato mandato in pensione deve essergli notevolmente dispiaciuto.

Dopo aver finalmente trovato un certo grado di stabilità finanziaria e personale nel circuito delle conferenze alla fine degli anni ’90, Gorbachev è statocolpito da un altro dolore: la rapida morte di Raisa per cancro.

Diabetico, Gorbachev è diventato immobile e corpulento e di un pallore che sbiadiva anche la sua famosa voglia.

Ma la sua voce ha mantenuto il suo vigore (e il suo accento) e l’ex capo ha continuato ad esprimere liberamente le sue loquaci opinioni sulla politica, in mezzo ad una sempre più diffusa indifferenza.

L’eredità di Gorbaciov è allo stesso tempo priva di ambiguità ma da interpretare, molto più di quanto avviene nella stragrande maggioranza delle figure politiche.

Le sue decisioni e conversazioni private sono state meticolosamente registrate e verificate.

Le sue motivazioni sono apparse sempre trasparenti ed i suoi errori e le sue conquiste hanno formato schemi che si sono ripetuti nel corso dei decenni.

Eppure, nonostante tutta la sua trasparenza, l’impatto delle sue decisioni, il peso dato alle sue azioni e ai suoi fallimenti può essere dibattuto all’infinito ed è diventato una questione fondamentale per i Russi.

Meno di tre decenni dopo che la sua limousine ha lasciato il Cremlino, la sua storia è stata riscritta più volte e il suo ruolo è stato piegato più volte alle esigenze dei politici e dei costumi sociali prevalenti.

Questo probabilmente continuerà.

Coloro che credono nel potere dello Stato, sia nazionalisti che comunisti, continueranno a considerare il suo tempo come egregio nel migliore dei casi, sedizioso nel peggiore.

Per loro, Gorbachev è indissolubilmente legato a perdite: la perdita della posizione internazionale, del territorio e dell’influenza di Mosca.

E, soprattutto, la perdita della temibile e unica macchina sovietica che ha ridotto la Russia ad un percorso incerto come Paese medio con un seggio residuo nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che cerca di essere accettata in un mondo modellato dagli Stati Uniti.

Altri, che apprezzano l’impegno per il pacifismo e la democrazia, l’idealismo e l’uguaglianza, trovano anche molto da ammirare in Gorbachev, anche se non può sempre avere dato il meglio di sé.

Coloro che attribuiscono più valore all’individuo che allo Stato, alla libertà che alla potenza militare, coloro che credono che il crollo della cortina di ferro e dell’Unione Sovietica totalitaria siano stati un traguardo storico, non un fallimento, gliene saranno grati, o almeno comprensivi.

Perché il fallimento di un uomo può produrre un risultato migliore dei successi di un altro.

RAISA – Passione e potere

La storia dei governanti è disseminata di storie di mogli devote e donne ambiziose che tiravano le fila da dietro il trono, e Raisa è stata spesso dipinta come entrambe le cose.

Ma a differenza di molte narrazioni dei libri di fiabe la collaborazione tra Mikhail e Raisa è stata assolutamente autentica e davvero formidabile.

Forse la chiave dell’impegno per tutta la vita di Mikhail, e persino l’aperta deferenza verso sua moglie, atipica per un uomo della sua generazione, risiedeva nel loro essere innamorati.

Nella sua autobiografia Gorbachev ricorda con dolorosa chiarezza come il suo primo incontro con Raisa, sulla pista da ballo di un club universitario, “non le abbia suscitato alcuna emozione”.

Eppure Gorbachev era stato colpito immediatamente dalla tizia dagli zigomi alti ed ha voluto ottenere il risultato, invitandola ad eventi collettivi che si risolvevano senza risultato in momenti imbarazzanti nei dormitori, ma reiterando i suoi tentativi.

Raisa Gorbaciova in seguito ha ricordato: “Eravamo felici allora. Eravamo felici per la nostra giovane età, per le speranze per il futuro e anche per il fatto che vivevamo e studiavamo all’università. Lo abbiamo apprezzato”.

Passarono diversi mesi prima che lei accettasse solo di fare una passeggiata per Mosca con il futuro leader sovietico, e sono stati mesi di passeggiate infruttuose, in cui discutevano degli esami nelle loro facoltà parallele.

Con franchezza, Gorbachev ammette che lei ha accettato di uscire con lui solo dopo che “si era sentita spezzare il cuore dall’uomo a cui l’aveva promesso”.

Ma una volta che la loro relazione ha superato gli inizi traballanti, i due sono diventati la definizione stessa di una coppia di potere sovietica, innamorati e pronti a fare qualsiasi cosa l’uno per l’altra.

Durante le vacanze estive, quando il loro rapporto aveva iniziato a funzionare, Gorbachev  pensava che fosse suo dovere tornare a casa e riprendere il lavoro come semplice meccanico per arrotondare il magro stipendio universitario.

I due non si sono per nulla vergognati di avere dovuto celebrare il loro matrimonio in una mensa universitaria, simbolicamente, nell’anniversario della rivoluzione bolscevica il 7 novembre 1953.

O di essere stati obbligati a rimandare la prima notte quando i vigili guardiani della moralità dell’Università statale di Mosca hanno proibito agli sposi di visitarsi a vicenda perché non avevano alcuna autorizzazione debitamente firmata.

Sono seguiti ostacoli più sostanziali, quando anche la madre di Mikhail non ha accettato la nuora, mentre Raisa ha avuto un aborto terapeutico in seguito ad un grave attacco di reumatismi.

Ma i due hanno perseverato e Raisa ha dato alla luce il loro unico figlio nel 1955 e, quando la stella di Gorbachev è cresciuta, allo stesso modo è cresciuta la carriera accademica di sua moglie come sociologa.

Ma la vera fama per Raisa è arrivata quando Gorbachev ha occupato il posto di leader sovietico.

Con una simbologia potente come i suoi appelli alla pace internazionale e alle riforme in Patria, il leader comunista non era sposato con una matrona rintanata in casa, ma con una donna educata ed elegantemente vestita, considerata da molti un’intellettuale uguale, se non superiore allo stesso Mikhail.

Gorbaciov ha consultato sua moglie in ogni decisione, come ha detto ai telespettatori americani durante un’intervista a Tom Brokaw.

Questo ha generato molte malelingue durante il regno di Gorbachev, ma lui non ha mai tentato una sola volta di spingere sua moglie fuori dai riflettori, dove lei ha stretto “amicizia” con figure di spicco come Margaret Thatcher, Nancy Reagan e Barbara Bush.

Raisa era nella villa in Crimea a Foros, durante il tentativo di colpo di stato dell’agosto 1991, e ha affrontando gli uomini che tradirono personalmente suo marito e di conseguenza ha subito un ictus.

Era sempre Raisa al fianco di Gorbachev quando sono stati lasciati soli, dopo che gli eventi si erano calmati nel 1991.

Nonostante avesse quasi perso la vista a causa dell’ictus, Raisa prese in gran parte l’iniziativa nell’organizzazione della fondazione di Mikhail e nella strutturazione della sua vita.

Nel 1999, con i suoi affari in ordine, anche a causa del controverso spot pubblicitario di Pizza Hut, e la rabbia dei Russi molto più concentrata sul suo successore malato, Gorbachev ha pensato di potersi godere un pensionamento più soddisfacente, viaggiando per il mondo con la sua amata.

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— Raisa Gorbaciova

“È possibile che abbia dovuto prendere una malattia così grave e morire perché le persone mi capissero”.

Poi è venuta la diagnosi di leucemia, nel giugno di quell’anno.

Prima che la famiglia avesse la possibilità di adattarsi al ritmo doloroso di speranza e paura che accompagna la cura del cancro, Raisa era morta.

La sua sepoltura ha scatenato un’ondata di emozione, con migliaia di persone, inclusi molti dei numerosi avversari di suo marito, che si sono riuniti per porgere i loro sinceri rispetti.

Non più la regina dei ghiacci, carrierista vestita da stilisti, da invidiare, detestare e ridicolizzare, ora la gente vedeva Raisa per l’idealista carismatica e scaltra che era sempre stata.

Per Gorbachev non faceva molta differenza, e tutti quelli che lo circondavano hanno detto che, per quanto avesse cercato di impegnarsi dopo la morte della moglie, non ci era più riuscito.

“La gente dice che il tempo guarisce. Ma non smette mai di ferire: dovevamo essere uniti fino alla morte”, ha sempre detto Gorbaciov nelle interviste.

Per il decimo anniversario della morte di Raisa, nel 2009, Mikhail Gorbachev ha collaborato con il famoso musicista russo Andrey Makerevich per registrare un album di beneficenza di canzoni tradizionali russe, dedicato alla sua amata moglie.

La traccia di spicco era “Old Letters”, una ballata malinconica degli anni ’40.

Gorbachev ha detto che gli era venuta in mente nel 1991 quando ha visto che Raisa bruciava la loro corrispondenza studentesca e piangeva, dopo aver scoperto che le loro lettere d’amore erano state frugate dagli agenti dei servizi segreti durante il fallito colpo di stato.

L’LP in edizione limitata è stato venduto a un’asta di beneficenza a Londra e ha raccolto centomila sterline.

Successivamente, Gorbachev è salito sul palco per cantare “Old Letters”, ma a metà si è messo a piangere e ha dovuto lasciare il palco tra un fragoroso applauso.

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